di Frà Giuseppe Maggiore – Quello che Fra Loris D’Alessandro ha proposto al direttore del Carcere Pagliarelli di Palermo, sarebbe un progetto normale in un ambiente ecclesiale, e certamente poco idoneo a detenuti che si sono macchiati di diversi crimini tra cui anche omicidio. Ci pensate che quelle ostie che verranno consacrate sono impastate da mani che hanno recato dolore? Ma si sa che i francescani sono un po’ folli, d’altronde lo era anche San Francesco.
Fra Loris D’Alessandro, appartenente alla Provincia Santissimo Nome di Gesù dei Frati Minori di Sicilia, ex missionario in Africa, è da qualche anno cappellano al Carcere Pagliarelli di Palermo. Partecipando ad un incontro nazionale per i cappellani delle varie carceri italiane, è venuto a conoscenza che un gruppo di detenuti si cimentavano a fare le ostie per la Messa. Ritornando a Palermo, propone alla direttrice Rita Giuseppa Barbera il progetto “Pane spezzato”, che accoglie con entusiasmo l’idea del francescano. Affiancato da un gruppo di volontari dell’Azione Cattolica della diocesi di Palermo, che offrono il loro servizio ormai da tre anni, il francescano originario del quartiere palermitano Zen, si è messo subito al lavoro per far partire la stravagante iniziativa.
“La scelta del nome del laboratorio ‘pane spezzato’ non è un caso – afferma fra’ Loris D’alessandro – perché così come sono state spezzate per vari motivi le vite di queste sorelle, anche le ostie verranno spezzate dalle mani dei presbiteri. Dalle ostie spezzate e mangiate inizia il progetto di redenzione che si fonda su quell’amore infinito di chi ha donato la vita per tutti. In particolare le donne che partecipano al progetto sono persone che hanno accettato subito commosse l’idea di fare questo servizio perché in questo modo cercano di dare un significato profondo a quest’attività a coronamento di un cammino di fede personale che stanno facendo”
Grazie all’Azione Cattolica arrivano le attrezzature. Le detenute coinvolte per il momento sono sei, di età compresa da 37 ai 50 anni, ma presto saliranno a otto.
Le ostie prodotte, oltre ad essere utilizzate nelle celebrazioni religiose interne al carcere, verranno distribuite fuori dai volontari dell’Azione Cattolica diocesana che le offriranno alle parrocchie della diocesi che vorranno sostenere il progetto con le loro offerte. Il laboratorio è nato all’interno di due stanze della vecchia cucina della casa di reclusione che sono state opportunamente adattate con i macchinari idonei per il tipo di attività da svolgere. Dopo una prima produzione di 370 ostie che ha superato l’esame di idoneità, adesso l’intenzione è quella di produrre ogni due giorni 500 ostie piccole e 50 grandi. Il servizio impegna le detenute ogni giorno dalle ore 13 alle ore 15,45.
Le primissime particole sfornate sono molto croccanti e lasciavano parecchi frammenti, come fare? Basta fare una telefonata a Madre Francesca, Madre Abadessa delle Sorelle Clarisse di Castelbuono e il problema è risolto. Ma l’intervento delle Sorelle Clarisse non termina con un semplice e prezioso consiglio: le Clarisse di Alcamo del Monastero Santa Chiara, regalano al fra Loris altre due macchinette per le ostie e un’altra taglia ostie, in modo da poter ampliare il progetto e coinvolgere più detenute.
Ovviamente il tutto è condiviso con l’Arcivescovo Don Corrado Lorefice che ha benedetto l’iniziativa.
Questa esperienza portata avanti da persone che la società perbenista evita, mi fa venire in mente il finale di una canzone di Fabrizio De André: “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”. In questo caso da un po’ d’ acqua un po’ di farina nasce quel pane bianco che per le mani del sacerdote si trasforma in corpo di Cristo Gesù. Quelle ostie impastate da detenute, non solo sono per la loro redenzione ma per la redenzione di ognuno di noi. Chissà quante persone troveranno ristoro, rifugio e conforto in quel Pane di Vita eterna, impastato da sorelle che stanno riparando i loro errori in carcere. La redenzione parte sempre da quel Pane Spezzato.