In seguito alla proposta dei “Dieci interventi normativi per rilanciare l’Università” illustrati in una nota dal viceministro del Miur Lorenzo Fioramonti, L’ANDU (Associazione Nazionale Docenti Universitari) si dichiara contraria in particolare al “Pre-ruolo e reclutamento dei ricercatori universitari”. L’ ANDU chiarisce che non tarderà la replica su tutti i dieci punti, ma che è necessario inviare da questo perché come dichiarato da Fioramonti “esso è contenuto in “una proposta di legge GIA’ PRONTA per il dibattito parlamentare”.
Entrando nel merito “Sul punto del reclutamento dei ricercatori Lorenzo Fioramonti ha scritto, tra l’altro, che si affiancherà “annualmente ai concorsi locali un concorso nazionale di reclutamento ricercatori bandito dal MIUR, con scelta della sede da parte dei vincitori, così da favorire sia la trasparenza delle selezioni sia la mobilità dei ricercatori e delle idee”.Quello del reclutamento in due distinti binari di una stessa figura universitaria è una obiettivo non nuovo: nel 2015 si è provato a introdurlo con la legge sulle “Cattedre Natta”, riguardante i professori, e prima, nel 2013, era contenuto in una proposta ministeriale, riguardante i ricercatori di tipo B.
L’idea di introdurre concorsi nazionali paralleli a quelli locali deriva anche da un giudizio negativo sui meccanismi di scelta locali. Ed è da decenni che l’ANDU sostiene che per superare il localismo e il nepotismo bisogna sostituire totalmente le scelte locali con concorsi nazionali per il reclutamento.
Sono due gli aspetti che rendono il progetto annunciato dal Viceministro un devastante attacco al Sistema nazionale universitario. Il primo aspetto è la scelta dei vincitori di prendere servizio in un qualsiasi Ateneo. Le conseguenze di questa scelta sarebbero molto gravi. Infatti, dando ai vincitori dei concorsi banditi nazionalmente la possibilità di scegliere l’università presso la quale essere assunti con contestuale assegnazione all’ateneo delle relative risorse, essi si ‘orienterebbero’ verso gli Atenei già più forti, rafforzandoli ulteriormente e mettendo ad ‘esaurimento’ gli altri. L’altro aspetto è quello che i vincitori dei concorsi nazionali per ricercatori si affiancherebbero ai vincitori dei concorsi locali, introducendo per la prima volta nell’ordinamento italiano una ‘produzione’ diversa di una stessa figura accademica: i ricercatori provenienti da bandi nazionali (di serie A) e i ricercatori provenienti da bandi locali (di serie B).
Occorrerebbe intervenire su questi due aspetti per capovolgere il senso di una operazione accademico-politica con la quale si accelererebbe il progetto accademico-confindustriale di ridurre a meno di venti gli Atenei ‘veri’, emarginando o chiudendo tutti gli altri. Si dovrebbe cioè prevedere che i bandi e i concorsi dei posti di ricercatore siano tutti (sia quelli su fondi di Ateneo che quelli su fondi ministeriali) SOLO nazionali e riguardino SOLO posti PREVENTIVAMENTE allocati negli Atenei (sia, ovviamente, quelli su fondi di Ateneo, ma anche quelli su fondi ministeriali). Ai vincitori – sulla base di una graduatoria – dovrebbe essere consentita la scelta dell’Ateneo (SOLO tra quelli dove sono stati pre-allocati i posti) in cui svolgere l’attività. Occorrerebbe inoltre escludere dalla commissione nazionale dei concorsi (costituita esclusivamente da sorteggiati) gli appartenenti agli Atenei in cui sono stati allocati i posti. Questo meccanismo favorirebbe sia la trasparenza di TUTTE le selezioni sia la mobilità dei ricercatori, penalizzando solo la cooptazione personale e non la maggioranza degli Atenei.