di Fra Giuseppe Maggiore– Come in tutta Italia anche a Messina si è celebrata la “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie” promossa da Libera.
In Piazza Lo Sardo erano tanti gli studenti e i giovani che hanno partecipato. Ma le iniziative a Messina hanno continuato sino a sera celebrando anche la Giornata mondiale contro il razzismo, quasi passata inosservata così come la Giornata mondiale sulla sindrome di Down. Certamente non si può celebrare tutto, ed è anche comprensibile, così come non si può partecipare a tutte le iniziative promosse ieri, almeno che non si abbia il dono dell’ubiquità.
Come dicevamo le iniziative si sono protratte sino a sera. Le Associazioni “ Il razzismo è una brutta storia,” “ La Feltrinelli”, “Italiani senza Cittadinanza”, “Centro Interculturale Mondo Insieme” e “Arising Africans” , hanno promosso in tutto il territorio nazionale, la proiezione del cortometraggio “Io sono Rosa Parks”.
L’iniziativa è stata abbracciata anche nella città dello stretto da Emergency gruppo di Messina e Feltrinelli Point scelta tra alcune librerie Feltrinelli in Italia per sensibilizzare a far conoscere questa piaga sociale che si dilaga di giorno in giorno a macchia d’olio. Bisogna formare le coscienze, bisogna ritornare ad essere esseri umani dal cuore pensante. Stiamo assistendo ad un scivolamento culturale che fa davvero paura.
A presentare il tema della serata e un breve cortometraggio sull’eroina dei diritti umani Rosa Parks, è stato Salvo Trimarchi. Sono intervenuti il Dottor Orazio Grimaldi di Emergency, Domenico Siracusano di Anymore Onlus, Carmen Cordaro e Patrizia Maiorana del Circolo ARCI Thomas Sankara, che hanno anche loro proposto un documentario ideato dal circolo Arci messinese mettendo in evidenza i disagi degli immigrati nati in Italia.
La storia di Rosa Parks è la storia di tutti coloro che vedono negarsi dei diritti. La politica di segregazione non è finita nel 1965 e non si è fermata negli Stati Uniti d’America ma anche oggi abbiamo tanti e tante Rosa Parks. Gente a cui viene impedito di sedersi sull’autobus della vita. Una vita che va riconosciuta come tale al di là del colore della pelle, del credo religioso o dell’orientamento sessuale. Una vita che non va resa invisibile da decreti o leggi che hanno la presunzione di salvaguardare la sicurezza di una categoria di persone discriminandone altre.
Qualche mese fa, un’anziana signora ha incarnato a dovere i dettami del ministro Salvini: ha preteso che una giovane donna tunisina scendesse dal bus, dopo averla anche schiaffeggiata. Perché? Perché prima gli italiani, così come in come in Alabama prima i bianchi. Poi perché musulmana, e in terza istanza perché indossava il velo.
Durante i vari interventi è stato evidenziato come a respingere gli immigrati e a legittimare un comportamento ostile, intollerante e aggressivo nei confronti dello straniero non è solo opera dell’ultimo governo ma della politica del nostro Paese negli ultimi vent’anni.
Ciò che a mio avviso fa davvero riflettere è la poca presenza alle varie iniziative che si svolgono con frequenza nei vari ambiti a partire da quello ecclesiale per finire a quello laico o civile.
Sempre gli stessi volti, iniziative che si accavallano, poca affluenza dei giovani tranne quando non partecipano come scuola.
Mi chiedo e vi chiedo, come si stanno formando le coscienze? Come si stanno sensibilizzando le nuove generazioni?
Iniziative belle, preparate con competenza, relatori di grande cultura… mancano le persone, le associazioni laiche ed ecclesiali, le parrocchie… manca qualcosa. Forse si è molto autoreferenziali e poco comunicativi e propensi ad una vera collaborazione? Forse abbiamo paura di perdere il primo posto nel palcoscenico? Fin quando ciò che si fa non lo si considera un servizio alla collettività, ci saranno mille iniziative e pochi risultati.
Ieri sera in un intervento, qualcuno ha concluso dicendo che non si sente una minoranza e che l’importante è dare un contributo serio per scuotere le menti. Sono pienamente d’accordo. Ma per fare ciò serve una rete vera che non è semplicemente la condivisione di un problema che non si può risolvere da soli e quindi ci appoggiamo ad un’altra associazione, o la partizione di finanziamenti per dei progetti fatti insieme…
Forse fare rete è altro? Credo che la prima cosa da fare è avere chiaro lo scopo, il bene comune, tutto il resto non serve.