di Frà Giuseppe Maggiore – Qualche giorno fa è stato ricordato il sesto anno di pontificato di Papa Francesco. Se per molti è un grande uomo e una grande guida, c’è chi lo accusa di magistero incerto e ambiguo, addirittura di assecondare l’eresia, altri ancora lo additano come l’anticristo o la rovina della Chiesa.
Papa Francesco è un uomo, un sacerdote e vescovo che incarna il Vangelo: sta qui la sua grandezza. È risaputo che il Vangelo è scomodo, Cristo stesso lo è, tanto è vero che hanno pensato bene di liquidarlo come un malfattore.
Lo stile di Francesco che sceglie di chiamarsi così proprio per seguire le orme del Poverello di Assisi, è all’insegna della semplicità e del dialogo. Quel buonasera dopo la proclamazione a nuovo vescovo di Roma, ha dimostrato immediatamente un comportamento privo di atteggiamenti ieratici. Il suo sottrarsi a immagini sontuose del Papa, il suo stile confidenziale che abbraccia, tocca, stringe senza voler affermare la sacralità della sua persona, provocano una sorta di paura nell’ambiente clericale tradizionalista, che un vescovo ha espresso in questi termini: «Giorno dopo giorno smonta tutto il pontificato romano!».
Sceglie di stabilirsi non in Vaticano come i suoi predecessori, ma a Santa Marta per vivere la fraternità con i confratelli sacerdoti.
Entra in contrasto con lo Ior, cerca di riformarlo, in parte ci riesce licenziando Angelo Caloia, presidente per vent’anni dell’Istituto opere religiose, accusato di peculato e autoriciclaggio.
I documenti del suo Magistero in maniera particolare Amoris et Letitia, Esortazione Apostolica sull’amore nella famiglia, sono stati oggetto di dibattiti e di confronti che hanno procurato non poche sofferenze, in quanto vescovi, sacerdoti e laici non hanno risparmiato critiche a volte prive di fondamento nei confronti di Papa Bergoglio che non ha mutato nulla della dottrina, rimanendo in perfetta sintonia con la tradizione della Chiesa.
Ciò che infastidisce molti cattolici non è solo lo stile che il Papa assume con la gente nelle udienze generali e soprattutto nelle omelie di Santa Marta che si sono rivelate quotidiane lezioni di vita che come un buon parroco impartisce alla sua gente, toccata da frasi semplici che scuotono l’immaginario collettivo di tanti fedeli, ma è il suo magistero. I documenti da lui promulgati fanno trasparire la volontà e il desiderio di mettere al primo posto il Vangelo esigente di Gesù, quale annuncio che ha come primi clienti di diritto i poveri, la sua sollecitudine per i migranti, i perseguitati, i bisognosi verso i quali volge il suo sguardo paterno con priorità rispetto ad altre realtà che abitano il recinto del sacro.
Una cosa è certa, Papa Francesco non perde di vista Cristo presente negli ultimi. Ad una domanda sui gay ha risposto: “chi sono io per giudicare”, tutto può essere ascoltato, capito e perdonato. Da qui l’esigenza di istituire l’anno della Misericordia.