di fra’ Giuseppe Maggiore – Un uomo, un sacerdote che al pulpito ha preferito la strada. Don Vincenzo Sorce, ha incarnato il Vangelo partendo proprio da “ciò che fate ad uno di questi miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me”.
In una cattedrale gremita di persone di diverse estrazioni sociali, il Vescovo di Caltanissetta, Mons. Mario Russotto, salutava un profeta vero del nostro tempo. Un uomo che sapeva parlare con il Signore Gesù e lo testimoniava con le opere di misericordia che erano dono, sollievo e punto di ripartenza per tanti fratelli e sorelle che hanno smarrito la strada.
“Don Sorce è stato un uomo tenace e audace. Ha sempre trovato il coraggio di osare, anche nella ribellione, nella non conformità al modo comune di pensare e agire. E la tenacia è stata in lui virtù di perseveranza”. Lo ha detto Mons. Mario Russotto, la Celebrazione Eucaristica, che durante l’omelia aggiunge: “Era un uomo di una umanità solidissima ed era un sacerdote innamorato di Dio e del suo sacerdozio. Innamorato di Dio, perché don Vincenzo era un uomo di preghiera. Ed era un uomo dal cuore grande, capace di dare ospitalità a tutti, e un sacerdote capace di chinarsi sulle ferite degli uomini e delle donne, capace di chinarsi anche sulle ferite di tanti sacerdoti. Don Vincenzo era anche un uomo di acutissima intelligenza e riusciva a proporre e a volte anche a imporre le ragioni del suo credere, perché parlava da uomo a uomo”
Sacerdote dal 1970, all’età di 74 anni, Don Vincenzo ha lasciato questa terra tra la notte del 3-4 marzo scorsi. La sua vita è stata vissuta all’insegna dell’accoglienza e dell’amore verso il prossimo. Ha saputo vivere il Vangelo nell’esercizio della promozione umana ed è stato esempio per tanti cristiani che vogliono seguire Cristo n maniera autentica.
È stato formatore nello stesso seminario dove aveva studiato, quello di Caltanissetta, vicario parrocchiale, direttore dell’Ufficio catechistico, direttore dell’Istituto di scienze religiose e professore di psicologia, pedagogia, catechetica e teologia pastorale, anche presso la Facoltà Teologica di Sicilia a Palermo.
Quarant’anni fa, aveva fondato l’Associazione Casa Famiglia Rosetta per la cura di quelle che egli chiamava le “nuove povertà” dei nostri giorni, dalle disabilità fisiche a quelle psichiche, e l’Associazione Terra Promessa, per il recupero delle persone dipendenti dall’uso di droghe, poi unificatesi in un unico ente, diramato in molte città della Sicilia, presente con più case a Roma, ma anche all’estero, in Brasile e in Tanzania. A queste strutture aveva affiancato la Comunità di Santa Maria dei Poveri, anch’essa seminata in diverse diocesi siciliane, costituita da consacrati immersi nel mondo, sia laici – anche sposati – che preti, per garantire un polmone spirituale alla sua opera.
È stato membro della Consulta nazionale per le tossicodipendenze, era vicepresidente nazionale dell’Aris e perito dell’Onu per il contrasto al consumo di droghe nel mondo. Pubblicista e giornalista, aveva una bibliografia personale ben nutrita di titoli accattivanti e provocatori.
Don Vincenzo ha scritto nell’ultimo editoriale da lui firmato, qualche giorno fa: “Il futuro è un diritto di tutti, dei più piccoli, dei più deboli specialmente. Diritto di vivere con dignità, di morire amati, rispettati, serviti. Diritto di futuro da costruire insieme, con stile sinodale, con la forza della condivisione. Diritto di sperare fondato sulla verità della Risurrezione del Cristo, principio di un mondo nuovo, di una società nuova, di un futuro nuovo. Il cristianesimo è futuro e perciò diritto di tutti”.