Bilanci falsificati allo scopo di evitare il dissesto del Comune di Messina dal 2009 al 2012. Dal tribunale arriva una sentenza che fa luce su una pagina amministrativa le cui conseguenze si sono trascinate fino ad oggi.
Ventotto le condanne su 34 imputati, tra amministratori e funzionari del Comune di Messina durante la sindacatura Buzzanca: per sei di loro è però valsa la prescrizione.
La sentenza di primo grado del collegio presieduto da Silvana Grasso ha condannato l’ex sindaco Giuseppe Buzzanca e la deputata regionale di Fratelli d’Italia Elvira Amata: il primo per falso in bilancio a un anno e 5 mesi, la seconda – assessora comunale all’epoca dei fatti – a un anno e un mese. Per l’ex sindaco Giuseppe Buzzanca il pm aveva chiesto la condanna a 2 anni e 3 mesi di reclusione.
Erano addirittura 73 gli indagati quando, nel 2014, scattò l’inchiesta, coordinata dal pm Antonio Carchietti. Per tutti le accuse, a vario titolo, di falso ideologico e abuso d’ufficio.
In concreto “funzionari comunali, amministratori pubblici, consiglieri comunali e revisori dei conti pur nella piena consapevolezza di debiti fuori bilancio e del mancato stanziamento di somme sufficienti al finanziamento dei debiti stessi, avrebbero formato e approvato i bilanci”. Per altri indagati, invece, all’ipotesi di falso venne aggiunta anche quella del reato di abuso d’ufficio, consistente “nell’aver aggravato, anno dopo anno, il dissesto ritardandone la formalizzazione”. Un abuso che – a detta della Procura – avrebbe determinato ingiusto vantaggio patrimoniale ai politici che sarebbero rimasti in carica e inoltre non avrebbero dovuto giustificare alla Corte dei Conti il default.
Il Comune di Messina infatti avrebbe pagato per anni un esubero di tasse a causa dei “buchi” di Palazzo Zanca.