Una relazione sentimentale iniziata due anni fa sotto i migliori auspici: una coppia giovane, entrambi hanno poco più di vent’anni, spensierata, gioiosa, che progetta a lungo termine, godendo del presente, degli amici, del divertimento, d’obbligo a quella età.
Lei è così che avrebbe voluto che andassero le cose: una storia d’amore normale, come quella di tante sue coetanee. E così forte era quel desiderio di normalità che i maltrattamenti subiti quotidianamente non erano percepiti come forme di violenza ed abuso della sua persona. Viveva ormai in uno stato di assoluta soggezione sopportando silenziosamente le continue umiliazioni, le lesioni, le imposizioni.
La picchiava per futili motivi, calci e spintoni erano diventati una prassi consolidata perpetrata anche in presenza di altri. In un episodio le aveva addirittura rotto un dito. E poi quella gelosia morbosa ed accecante conseguentemente alla quale le aveva impedito di frequentare le amiche, di truccarsi, di usare scarpe col tacco ed abiti succinti. La controllava costantemente costringendola ad inoltrargli video per verificare dove e con chi fosse. E poi gli insulti e le denigrazioni e la minaccia di diffondere sue immagini compromettenti qualora lo avesse lasciato. Un rapporto malato che aveva stravolto le abitudini di vita di quella giovane donna incapace di ribellarsi al suo carnefice.
L’incubo termina quando la sorella e le amiche decidono di aiutarla rivolgendosi ai poliziotti della Squadra Mobile della Questura di Messina. Le indagini prendono immediatamente avvio sotto la direzione ed il coordinamento della Procura della Repubblica del locale Tribunale che individua quale misura idonea a contenere una personalità così pericolosa, prevaricatrice e violenta la custodia cautelare in carcere.
Il GIP accoglie la richiesta e il giovane viene condotto dagli investigatori nella casa circondariale di Gazzi.