di Frà Giuseppe Maggiore – Dal Vangelo secondo Luca (Lc 6,39-45) In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso? Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come puoi dire al tuo fratello: “Fratello, lascia che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio”, mentre tu stesso non vedi la trave che è nel tuo occhio? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello.
Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda».
Eppure capita e capita spesso che non un solo cieco ma anche diversi ciechi guidino altri ciechi. Questo succede in diverse situazioni e in diversi campi, da quello politico a quello religioso a quello famigliare. Non sempre abbiamo esempi di buoni maestri, ma piuttosto di maestri che spadroneggiano e insegnano come puntare il dito.
I ciechi per Gesù sono i farisei, pieni di se perché osservanti della legge, pensavano di fare tutto con le loro forze, di ottenere la salvezza da soli. Propensi a condannare non vivono e non fanno vivere la misericordia di un Dio che lascia 99 pecore per cercarne una.
Già la salvezza! Ma per noi oggi qual è la salvezza? Diverse sono le risposte, ma quella che prevale su tutte è “stare bene io”. La salvezza è la mia comodità, il mio benessere, il vivere senza che altri invadano i miei progetti, i miei spazi.
“Signore ti ringrazio chè non sono come gli altri” questa è la preghiera del fariseo al tempio e forse inconsciamente la facciamo nostra. Seguendo l’esempio dei farisei, ci riteniamo irreprensibili e giusti solo perché andiamo a Messa, o facciamo l’elemosina, o facciamo volontariato per aiutare i poveri della città dove viviamo. Possiamo essere attivi in ogni settore compreso il terzo, ma se perdiamo di vista ciò che Gesù ha detto domenica scorsa: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso” abbiamo solo compiuto opere vuote e con il solo scopo di metterci la coscienza apposto e di ricevere consensi.
Essere misericordiosi è il centro della Parola di Dio e guida per l’uomo.
San Francesco d’ Assisi nel suo testamento riguardo la misericordia dice “Il Signore mi condusse tra i lebbrosi e con essi usai misericordia”. La misericordia sfocia nel servizio. Essere misericordioso significa chinarsi per lavare i piedi ad ogni fratello, simpatico o antipatico, buono o cattivo. Gesù lava i piedi a Giuda che dopo qualche ora lo avrebbe tradito. Essere misericordiosi è come un vuoto a perdere, non possiamo esimerci dall’essere misericordiosi se davvero vogliamo essere figli dell’Altissimo.
“Un uomo vale quanto vale il suo cuore” affermava Gandhi. Un cuore che va nutrito dalla Parola di Dio, da sane relazioni, da sincere autocritiche che ci aiutano a scoprire chi siamo realmente. Quando capisco che non sono io il maestro cesserò di guardare la pagliuzza nell’occhio del fratello. Tutti sappiamo cosa è il bene e cosa è il male, anche se non siamo cristiani praticanti un po’ di Vangelo lo conosciamo, eppure siamo pronti a giudicare e condannare ad applicare agli altri ciò che dovremo fare noi, sempre pronti a giustificarci per ogni cosa.
L’uomo è ciò che legge, ciò che medita, ciò che ascolta. Se ascoltiamo i falsi maestri il nostro cuore e la nostra mente sarà conforme a quell’insegnamento lontano da ciò che propone il Vangelo e da ciò che Gesù ha compiuto.
La parabola del Padre misericordioso ci presenta un padre generoso, l’accoglienza riservata al figlio minore, non solo è misericordiosa ma è soprattutto festosa tanto da essere apertamente contestata dal figlio maggiore, che fa appello precisamente alla logica retributiva dei meriti e delle colpe. Purtroppo con amarezza bisogna riconoscere che tanti di noi con grande facilità abbracciano tale posizione invece di seguire la logica del padre generoso.
Il Signore vuole misericordia e non sacrifici. Il profeta Isaia così annunzia al popolo quanto il Signore gli ha comandato di dire: “Quando venite a presentarvi a me, chi richiede a voi questo: che veniate a calpestare i miei atri? Smettete di presentare offerte inutili; l’incenso per me è un abominio, i noviluni, i sabati e le assemblee sacre: non posso sopportare delitto e solennità.
Io detesto i vostri noviluni e le vostre feste; per me sono un peso, sono stanco di sopportarli. Quando stendete le mani, io distolgo gli occhi da voi.
Anche se moltiplicaste le preghiere, io non ascolterei: le vostre mani grondano sangue. Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni.
Cessate di fare il male, 7imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova.”
Queste direttive che il Signore ci dona trovano difficoltà ad essere innestate in un cuore che si è nutrito di amor proprio e di convinzioni che non sposano la linea di Gesù che predilige l’amore al prossimo che non è solo chi mi sta vicino ma anche il diverso, lo straniero, colui che dorme alla stazione o sotto un ponte.
Il nostro cuore ha bisogno di nutrimento solido per essere alberi dal frutto buono. Stiamo assistendo al sequestro dell’ascolto, del dialogo, della solidarietà e di tutti quei valori che ci rendono fratelli e non giudici spietati.
Qualche frutto marcio lo produciamo tutti, è necessario un innesto.
L’innesto si effettua esportando una parte dell’albero dai frutti cattivi, inserendo la un piccolo rametto dell’albero buono inserendolo e legandolo in modo che possa attecchire e portare frutti buoni.
Così avviene in colui che prende coscienza che seguire falsi maestri lo porta solo a condannare e giudicare e non a praticare una giustizia di misericordia. Se non facciamo dei tagli anche dolorosi nella nostra vita e innestiamo la Parola di Cristo nel nostro cuore, daremo solo frutti ibridi ma non leali e sinceri.
Voglio concludere con un versetto della lettera ad un frate da parte di San Francesco: “che non ci sia alcun frate al mondo, che abbia peccato, quanto è possibile peccare, che, dopo aver visto i tuoi occhi, non se ne torni via senza il tuo perdono, se egli lo chiede; e se non chiedesse perdono, chiedi tu a lui se vuole essere perdonato. E se, in seguito, mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo: che tu possa attrarlo al Signore; ed abbi sempre misericordia per tali fratelli.”
C’è molto da camminare, ciò che dice Gesù non è facile da attuare ma è possibile, bisogna seguire un vero maestro: Lui.