di Frà Giuseppe Maggiore – L’8 febbraio è stata la Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta delle persone, promossa dall’Unione Internazionali delle Superiore e dei Superiori Generali.
Giornata voluta da Papa Francesco nel giorno in cui la Chiesa Cattolica ricorda Santa Giuseppina Bakita, nata in Sudan a Darfur. Resa schiava per tanti anni e poi portata in Italia dove conobbe Cristo e lo scelse come sposo. Fu per 50 anni un esempio di santità, morì nel 1947 a Schio (Vicenza).
Come ogni anno Papa Francesco ci invita alla preghiera e accogliere le vittime della tratta. Queste le sue parole: “Anche se cerchiamo di ignorarlo, la schiavitù non è qualcosa di altri tempi. Di fronte a questa realtà tragica, nessuno può lavarsi le mani se non vuole essere, in qualche modo, complice di questo crimine contro l’umanità. Non possiamo ignorare che oggi esiste la schiavitù nel mondo, tanto o forse più di prima. Preghiamo per l’accoglienza generosa delle vittime della tratta delle persone, della prostituzione forzata e della violenza”.
Messina non poteva non unirsi alla preghiera e al ricordo di tanti fratelli e sorelle che ancora oggi sono vittime di gente senza scrupolo, purtroppo non solo in paesi lontani da noi, ma anche nella nostra Italia e nelle nostre città.
Papa Francesco come anche l’anno scorso continua a denunciare apertamente la tratta come un crimine contro l’umanità: “E’ una vera forma di schiavitù, purtroppo sempre più diffusa, che riguarda ogni Paese, anche i più sviluppati, e che tocca le persone più vulnerabili della società: le donne e le ragazze, i bambini e le bambine, i disabili, i più poveri, chi proviene da situazioni di disgregazione familiare e sociale.”
Il Vescovo Ausiliare Mons. Cesare di Pietro che ha presieduto la Veglia di preghiera celebrata nella Parrocchia di Santa Caterina, organizzata dall’Ufficio Migrantes e Caritas, insieme alle Religiose dell’USMI, dai religiosi del CISM, dell’Arcidiocesi di Messina, ha usato toni decisi anche se pacati e non si è sottratto ad un’analisi attenta di ciò che il nostro contesto socio-politico.
Anche se ci siamo evoluti dal punto di vista tecnologico, ci siamo però imbarbariti- dice il giovane Vescovo durante l’omelia- come chiesa sentiamo di chiedere perdono ai tanti fratelli e sorelle colonizzati, schiavizzati, sfruttati, respinti…
Ricorda che Dio non si è ripiegato su se stesso, ma si è fatto uomo. La vera passione per Dio è l’uomo, tanto da identificarsi con chi è sfruttato, maltrattato, vilipeso.
Toccando il piviale ha precisato che nella chiesa i veri prìncipi della chiesa certamente non sono i vescovi ma i poveri, i fratelli emarginati. A tal proposito ha accennato all’imbarbarimento della politica, affermando con tono deciso che una politica che si basa sui respingimenti è vergognosa.
Siamo chiamati a curare le ferite dell’umanità. Lo Spirito Santo ci indichi verso il cammino che porta alla costruzione della civiltà dell’amore. Ci faccia costruire ponti e non muri, afferma concludendo Don Cesare che alla fine della celebrazione si è fermato a parlare con i fedeli e con un gruppo di giovani africani che fanno parte del Coro Migrantes.
Lo scorso 17 gennaio dal Dicastero Vaticano per lo sviluppo umano integrale, sezione Migranti e rifugiati, ha pubblicato il documento “Orientamenti pastorali sulla tratta di persone”, proprio per sensibilizzare ogni cristiano affinché ci sia un impegno comune contro la tratta.