Di Clarissa Comunale – Era il 19 novembre del 2001, anno dell’incancellabile attentato alle Twin Towers, quando la catanese Maria Grazia Cutuli, giovane reporter di guerra per il Corriere della Sera, trovò la morte insieme all’inviato di El Mundo Julio Fuentes, nei pressi di Kabul.
Un racconto forte ed emotivo, intenso e doloroso è quello che vive sulla scena di “Madri di Guerra”, la pièce di e con Antonella Caldarella e Valeria La Bua, sul palco del Teatro dei 3 Mestieri. Un madre, Agata (Antonella Caldarella), al capezzale del corpo della figlia (Valeria La Bua), vestita da quell’abito da sposa che in vita non avrebbe mai indossato, perché spezzato da un sogno, quello di vivere per raccontare la verità, in maniera brutale per una guerra lontana ove non restano che vinti e nessun vincitore.
Quella verità, celata nei luoghi ove la gente non vuole prestare lo sguardo, è l’unico interesse per Maria Grazia; nessun matrimonio, nessun uomo a cui affidare la propria esistenza, nessun figlio, ma lavoro, duro, sodo, faticoso, lontano. Lei, così giovane e bella, diventata un angelo, ha il compito di fare da madre a sua madre: cullandola, asciugandole le lacrime che segnano un dolore insopportabile e fin troppo profondo, facendole indossare un nuovo colore, un nuovo sorriso.
Per tutti gli insegnamenti che una madre affannosamente cerca di donare ad una figlia, per il desiderio di vederla felice e “sistemata”, una figlia, volente o nolente, seguirà sempre il suo cuore e tutto ciò che l’istinto le suggerisce di fare, come Maria Grazia che sceglie di andare lontano e di raccontare le storie di quelle donne di guerra delle quali solo le parole potevano essere testimonianza di vita. Donne forti, sicure, grandi le cui storie sono di dolori, di massacri, di soprusi e violazioni. La necessità e l’urgenza della narrazione fa della vita di Maria Grazia una vera e propria fede, ove la morte non è che il suo naturale epilogo, cosciente di non avere rimpianti. La morte, però, porta la riconoscenza e la commemorazione di una donna di cui probabilmente non tutti prima ne erano al corrente. L’ipocrisia della scomparsa che inneggia all’eroismo non è che l’altra faccia di un’immaturità e insensibilità umana che dona merito alle donne sempre troppo tardi. Una madre, quale Agata, che sognava un nipotino da cullare e una figlia ancora d’amare, non conosce il profumo pungente e dolciastro di quella terra che ha strappato Maria Grazia dal suo grembo, che diventa, dunque, esempio di forza, coraggio per l’unica guerra che ancora vale la pena di combattere: quella contro se stessi.
MADRI DI GUERRA
Di Antonella Caldarella
Con Antonella Caldarella e Valeria La Bua
Musiche di Andrea Cable
Scene di Emanuele Salamanca
Costumi di Noa Prealoni
Regia di Antonella Caldarella
Produzione Teatro Argentum Potabile