In una lettera inviata al ministro e pubblicata sul suo profilo fb Sonia Alfano spiega i motivi che la inducono a rinunciare alla scorta che l’affianca dal 2012. Ecco il testo integrale del documento, in cui si fa cenno anche ad una operazione di dossieraggio nei confronti dell’ex parlamentare europea.
” Ministro dell’Interno,
desidero si faccia chiarezza sulla vicenda relativa al mio dispositivo di sicurezza, dal momento che la chiarezza è proprio ciò che latita in questa situazione, come devo dirle anche nel suo operato per gli aspetti che approfondirò meglio di seguito. La sottoscritta, sin dal 2012 è sottoposta a dispositivo di sicurezza attraverso la Questura di Palermo, e quindi tramite la Polizia di Stato, a seguito di minacce di morte. Non voglio tediarla con la mia storia perché credo la conosca e soprattutto sono certa esista un corposo dossier in merito. Le segnalo soltanto per brevità che il livello di sicurezza del mio dispositivo è stato innalzato nel 2014 , da terzo a secondo, a seguito di minacce alla mia persona emerse in diverse intercettazioni disposte dalla Dia di Palermo a carico di Riina Salvatore ed altri. In questi ultimi due anni si sono verificati strani accadimenti: le auto blindate sulle quali viaggiavo sono state inseguite per ben 2 volte nella stessa settimana da due Land Rover in due diversi tratti autostradali. Gli uomini della mia scorta hanno relazionato superiormente e, da accertamenti effettuati nell’immediatezza, le targhe dei due mezzi corrispondevano ad un leasing. Gli addetti ai lavori avranno già capito con chiarezza, quindi io mi taccio su questo aspetto. Successivamente, sempre in un tragitto autostradale sono esplose, e sottolineo esplose, in meno di 6 ore, due ruote della blindata sulla quale viaggiavo. Solo la bravura dell’autista ha evitato il peggio, ma la paura è stata davvero tanta. La settimana successiva si è verificata un’altra esplosione, che ha riguardato sempre la stessa auto, e sempre lo stesso tratto autostradale. Gli agenti della mia scorta dicono di avere relazionato, però mai nessuna spiegazione è stata data a questi accadimenti. Il 10 dicembre 2018 il mio dispositivo di sicurezza ha subito una rimodulazione, da secondo a terzo, per intervenuti tagli al comparto sicurezza o non so bene cosa. Di certo non perché sia diminuito il rischio relativo alla mia persona, e questo non perché lo dica solo io ma poiché sono i fatti a parlare: le indagini ed i processi per l’omicidio di mio padre, le mie denunce e soprattutto il mio lavoro. Attualmente sono rappresentante legale di una partecipata di un comune sciolto per mafia il cui precedente sindaco unitamente ai vecchi amministratori della stessa società sono stati arrestati. Non faccio conferenze stampa o di altro genere da tantissimi anni.
Esattamente da 4 anni e mezzo mi occupo di rifiuti nei territori di mafia, oggi a meno di 9 km dal luogo in cui è stato ucciso mio padre, ed invece fino a 4 mesi fa’ a Castelvetrano, patria e attuale dimora del latitante Matteo Messina Denaro, Comune che, come lei ben saprà, è stato di recente sciolto per mafia. Svolgo la mia attività denunciando il malaffare ad ogni livello presso le procure competenti, facendo nomi e cognomi, e togliendo soldi alle mafie. Magari non è difficile farlo ma ci vuole indubbiamente coraggio e schiena dritta.
Ad ogni modo, dal 10 dicembre scorso era operativa la rimodulazione del dispositivo, terzo livello. Il 17 dicembre 2018, intorno alle ore 10 circa, mentre mi recavo a Caltanissetta per lavoro, dopo pochi km di tratto autostradale percorsi, è esplosa (si Ministro, esplosa!) la ruota posteriore destra della blindata sulla quale viaggiavo. Per fortuna la velocità non era ancora alta ma abbiamo sbandato. Gli agenti addetti alla mia sicurezza hanno sostituito la ruota, ed alla prima stazione di servizio hanno proceduto alla verifica delle altre ruote. Ebbene, una volta ripartiti, dopo appena 15 minuti è esplosa la ruota posteriore sinistra. E’ esplosa su un viadotto piuttosto alto e le lascio immaginare cosa sarebbe potuto accadere se l’auto avesse sbandato.
Ho provveduto io ad avvisare il comandante del reparto scorte delle Questura di Palermo (per la seconda volta nell’arco della mattinata) per far presente ciò che stava accadendo. Mi è stato risposto che sicuramente i due “incidenti” erano stati causati dall’usura (…) e che a breve saremmo stati raggiunti da altro personale della Questura di Palermo per effettuare il cambio dell’auto. Ebbene Ministro, siamo rimasti da soli su quel viadotto peraltro molto pericoloso per ben 1 h e 54 minuti.
Un tempo tutt’altro che breve e, sopratutto, inspiegabile per raggiungerci dal momento che 40 minuti sarebbero stati più che abbondanti per percorrere il tratto autostradale da Palermo al luogo “dell’incidente”. Come Le dicevo, per la Questura di Palermo si sarebbe trattato di usura, una strana usura che colpisce la stessa auto in meno di 20 minuti.
Beh comprende anche Lei quanto sia davvero suicida parlare di “usura” per auto blindate che dovrebbero garantire la sicurezza a persone che lo stesso Stato obbliga a vivere sotto scorta. Vorrei tralasciare l’aspetto relativo alle condizioni del parco auto e ai dispositivi in utilizzo alla Questura di Palermo, ma oggi mi sento in dovere di non farlo per rispetto non solo di me stessa e della mia famiglia ma anche di tutte quelle persone che per motivazioni altrettanto serie sono costrette a vivere sotto scorta. Le auto del reparto scorte di Palermo sono vergognosamente non adeguate, vecchie, e buone solo per essere rottamate. Non vengono evidentemente manutenzionate a dovere e chi dovrebbe sovrintendere alle riparazioni, forse non riesce ad assolvere adeguatamente a questo compito. Ma Lei ovviamente questo non può saperlo perché quando Lei si reca a Palermo, per Lei si utilizzano le macchine tenute in garage per le grandi occasioni. Sono auto nuove e luccicanti sulle quali Lei e qualche altro fortunato viaggiate.
Noi che rischiamo la vita ogni giorno, e seriamente aggiungo anche, dobbiamo ritenerci fortunati se abbiamo qualche auto un po’ più discreta. Questa frase me la sono sentita dire non so quante volte in 6 anni…; beh Signor Ministro io non mi ritengo per nulla fortunata ad avere vissuto sotto scorta per tanti anni perché ho fatto sempre il mio lavoro cercando di portarlo a compimento nel migliore dei modi, perché ho contribuito a far arrestare e condannare gli assassini di mio padre, o perché ho cercato di convincere i più potenti boss mafiosi a collaborare con lo Stato, o addirittura perché ho svelato all’opinione pubblica l’esistenza di un protocollo scellerato, siglato dallo stesso Stato che avrebbe dovuto proteggermi, il “protocollo Farfalla”; ma ho parlato anche dell’esistenza del protocollo “Fantasma” e ne ho parlato nel corso di una mia audizione presso la Commissione Parlamentare Antimafia della Repubblica Italiana. Tale audizione risulta ancora essere segretata. Ed ancora, non mi ritengo per niente fortunata ad aver visto il corpo di mio padre a terra, crivellato di proiettili, esattamente l’8 gennaio del 1993. Tra pochi giorni saranno trascorsi ben 26 anni da quel delitto e tanti buchi neri permangono in quel poco che ha fatto la giustizia italiana nel tentativo, blando, di rendere giustizia a mio Padre. Lei piuttosto si che deve ritenersi fortunato e privilegiato.
Privilegiato perché, purtroppo, rappresenta un intero Paese; fortunato perché ciò poteva accadere solo in Italia, dove non esiste meritocrazia e memoria. Le garantisco che in un altro Paese Lei oggi non sarebbe Ministro. Ma lei questo lo sa bene, e altrettanto bene ricorderà come la consideravano i colleghi del Parlamento Europeo. Già, perché noi godiamo di ricordi diversi da parte dei colleghi Parlamentari: io sono tutt’oggi ricordata per aver voluto, istituito e presieduto, la prima ed unica, purtroppo direi, Commissione Parlamentare Antimafia, Anticorruzione e Antiriciclaggio in Europa.
Sono ancora vive nella memoria di tanti magistrati ed appartenenti alle forze dell’ordine i due anni di attività di quella Commissione. Ancora oggi ricevo messaggi accorati e di ringraziamento per aver fatto approvare il primo testo unico antimafia in Europa, testo che lei ed i suoi colleghi italiani a Brussels avete provveduto a far marcire nei cassetti della Commissione Europea. Le mafie ancora oggi brindano a questo straordinario regalo. Le mie battaglie sull’immigrazione ed integrazione parlano dal sito del P.E. Lei invece Ministro è noto solo per lo straordinario intervento in plenaria fatto da Marc Tarabella, il collega Belga che meglio e più di tutti, Le ha ricordato la sua attività tra Brussels e Strasburgo. Avendo grande rispetto per l’Istituzione che Lei rappresenta, dalla fine del mese di Novembre, ho cercato di contattarla per chiedere che il suo Ministero si interessasse di alcuni territori siciliani ad altissima densità mafiosa. L’ho fatto attraverso la Sua segreteria del Viminale ed ho persino cercato di contattare il sottosegretario Candiani, attraverso un presunto vostro referente palermitano, il quale ha testualmente detto: “tutto ciò che deve essere riferito a Candiani, deve prima passare da me…”. Non Le manifesto qui il mio senso di nausea davanti a tali affermazioni ma ho ritenuto più importante far arrivare al Ministero la preoccupante escalation mafiosa registrata nei territori di cui sopra. Devo anche dirle che il mio intermediario, con il vostro referente, ha dovuto dapprima rassicurarlo che la mia richiesta di intervento non era in alcun modo legata ad una mia eventuale proposta di candidatura alle prossime europee con il Suo cartello politico. Vede Ministro, esistono delle cose che si chiamano integrità morale, senso del dovere, coerenza e coraggio. E questi sono per me valori impossibili da barattare. Ho riso tanto davanti alla necessità di fornire rassicurazioni in merito alla mia presunta candidatura, perché mai potrei nemmeno lontanamente pensare di cancellare le mie battaglie, le mie idee ed i miei valori, che sono diametralmente opposti ai Suoi. Ritenendo di aver chiarito un po’ di cose, entro adesso nel merito della questione. Lo stesso 17 dicembre scorso , dopo la seconda esplosione della ruota della mia auto di scorta, ho chiamato nuovamente la Sua segreteria manifestando la mia volontà di rinunciare al dispositivo di sicurezza. Il funzionario che mi ha risposto mi ha chiesto di inviare una mail al suo collaboratore, Bernasconi, sulla email ufficiale del Governo, e così ho effettivamente fatto, senza ricevere ad oggi un qualsiasi cenno di riscontro. Ma si sa quanto Lei sia impegnato tra mangiare pane e nutella ed inviare bacioni ed abbracci ai suoi contestatori. Capisco bene la sua impossibilità nell’occuparsi di cose così frivole come i dispositivi di sicurezza ed i territori ad altissima densità mafiosa. Eh già, perché nell’attesa che Lei “tra qualche mese o anno cancellerà le mafie dalla faccia di questo Paese”, forse non le hanno ancora comunicato che ad oggi quelle stesse mafie sono più vive e più vegete che mai e stanno continuando a divorare quel che resta dell’economia di questo paese e a distruggere il futuro dei nostri figli. Come le dicevo, io dal 17 dicembre scorso ho rifiutato il dispositivo di sicurezza della Questura di Palermo e l’ho fatto comunicandolo anche al Prefetto di Palermo il 23 dicembre 2018, che ha peraltro detto di non essere al corrente della mia rinuncia; mi ha chiesto di ritornare sulla mia decisone e di essere fortemente preoccupata, visto il mio ruolo di rappresentanti legale di una società che si occupa di rifiuti in provincia di Messina. Lo stesso Prefetto in quella conversazione telefonica ha detto di essere preoccupata sopratutto perché lei conosce bene quella società e quel territorio considerato “di alta mafia”. Ho tra l’altro detto al Prefetto che nel solo mese di Novembre sono arrivate in società ben due lettere anonime di evidente natura intimidatoria, oltre ad una serie di altrettante palesi azioni politiche territoriali il cui unico obiettivo sembrerebbe essere quello quello di frenare la mia attività di pulizia e rinnovamento di una società in cui tutti sono stati accontentati: politici, parenti di politici, avvocati e persino qualche toga… Sono ben abituata ai tentativi di “mascariamento”. Bene, da allora non ho ricevuto alcuna comunicazione da parte di nessuno, se non quella sporadica degli agenti della mia scorta che a volte mi mandano messaggi per dirmi che loro sono stati comandati per il dispositivo e che sono a mia disposizione, e non è così Ministro. Io dal 17 dicembre 2018 ho rinunciato formalmente al dispositivo di sicurezza. Da quel giorno viaggio da sola con la mia auto e quasi ogni giorno percorro oltre 400 km per raggiungere il mio luogo di lavoro. Sono finalmente andata in vacanza da sola con le mie figlie e di questo ne era al corrente la Questura di Palermo. Vede Ministro, i miei familiari, i miei amici ed i miei collaboratori sono preoccupati, io no! Chi fa il proprio dovere non può avere paura di vivere e di lavorare. Sono più preoccupata per ciò che pensano le mie figlie di uno Stato che non ha voluto proteggere il loro nonno e che oggi dimostra ancora una volta tutta la propria inefficienza e mostra ancora una volta il suo lato peggiore alla loro famiglia. Si tenga il dispositivo Ministro, lo usi pure per altro, ma smettetela di far finta di non sapere che ho rinunciato. Lei continui a dispensare baci ed abbracci a chi la contesta, pensi pure di avviare attività di dossieraggio nei miei confronti, ma sappia che ci sono abituata e sprecherà eventualmente il suo tempo. La saluto dicendolo che trovo alquanto triste che l’opposizione politica di questo paese taccia e si aggrovigli su se stessa ancora una volta in cerca di chissà quale identità, lasciandole pieni poteri su tutto. Nella speranza che le opposizioni politiche si ricordino di avere enormi responsabilità in merito al tracollo morale, politico ed istituzionale dell’Italia e si riorganizzino, mi permetta di ringraziare chi ad oggi ha sentito il dovere di arginare le sue strategie politiche, e lo faccio ringraziando in particolar modo il canatutore J-Ax per aver dato il suo contributo politico nel tentativo di scuotere le coscienze degli italiani. Voglio da ultimo chiarire, e lo dimostra il fatto che io stia rappresentando la questione dopo circa un mese, che questa mia non deve essere intesa minimamente come un tentativo di riprendere il dispositivo di sicurezza ma piuttosto come un’atto di chiarezza, volto solo a ristabilire la verità dei fatti, nei confronti di coloro i quali hanno artatamente diffuso invece la notizia che la scorta mi fosse stata revocata e non che, come accaduto, sono stata io stessa a rinunciarvi. Ad maiora Ministro.