L’operazione di antimafia di oggi, che ha portato in carcere i membri di una cellula della famiglia dei “batanesi” che si spartiscono il territorio nebroideo coni “tortoriciani” è un chiaro segnale dell’attenzione della Procura di Messina verso quei territori della provincia dove più alta è l’intensità mafiosa e il controllo del territorio da parte dell’antistato.
“La mafia non è solo a Barcellona Pozzo di Gotto – ha sottolineato il procuratore aggiunto Vito Di Giorgio – e noi ne abbiamo ben coscienza. L’operazione di oggi, frutto di una lunga indagine in un territorio particolarmente omertoso, vuole essere il segno della presenza dello Stato anche in quelle zone rurali in cui i problemi si tendono a risolvere non chiedendo aiuto alle forze di polizia, ma scendendo a patti con la mafia. E’ solo l’inizio di una inchiesta che non è conclusa.”
Un quadrilatero, quello tra Sant’Agata Militello, Alcara Li Fusi, Galati Mamertino e Rocca di Caprileone, dove la cappa mafiosa non permette un reale sviluppo, e l’apparente tranquillità è solo l’ennesimo esempio di un controllo capillare, come è emerso da alcune intercettazioni nelle quali il mafioso interviene su chi vuole rubare dicendo “qui no perchè paga”.
Un clima omertoso scalfito dalla denuncia di due ditte catanesi impegnate in lavori pubblici, sulla SP127 e nella costruzione dello stadio a Rocca (di Caprileone). Un sistema che è ancora duro da smantellare se si pensa che tra i “batanesi”, all’apparenza dediti alla pastorizia, al caseificio, ai lavori in campagna, non esistono collaboratori di giustizia, non vi è nessuno pronto a “rovesciare”. (pal.ma)
Ecco un momento della conferenza stampa del Procuratore Vito Di Giorgio, che ha tenuto a ricordare anche il lavoro dei colleghi Monaco e Cavallo: