Anticipando il dibattito in salsa messinese sulla presenza delle bandiere della pace nel giorno dedicato all’Unità Nazionale e alle Forze Armate, il movimento Cambiamo Messina dal Basso è intervenuto con una nota, ribadendo di essere presente a Piazza Municipio da 5 anni.
“Siamo presenti in silenzio, con le nostre bandiere della Pace – scrivono gli attivisti – per dire in modo nonviolento che non può essere considerata festa una giornata di lutto: perché è vero, sì, che quel giorno l’Italia ha vinto una guerra, ma a che prezzo? Alcuni ci hanno accusati, negli anni, di non aver rispetto per i caduti che quel giorno si commemorano: è invece proprio il rispetto per le vittime delle guerre, di ieri e di oggi, a portarci in piazza, a dire che non esistono guerre giuste, e che ci sono modi altri per dirimere le controversie. Siamo lì, in rispetto dell’art.11 della nostra Costituzione, quello che è calpestato e offeso ogni volta che il nostro Paese sceglie di partecipare a guerre travestite da “missioni di pace”, di destinare quasi il 2% del proprio PIL (più della maggior parte dei Paesi Europei) alle spese militari, di offrire il proprio territorio come base per il militarismo americano.
Siamo lì, ogni 4 novembre, non contro le singole persone impiegate nelle Forze Armate, ma contro grosse e decisive scelte di governo che non possiamo condividere.
Quest’anno abbiamo vissuto sulla nostra pelle il disagio dovuto alla mancanza di sicurezza delle scuole cittadine. Negli ultimi tempi l’Italia ha destinato alla messa in sicurezza delle scuole circa 2 miliardi e mezzo l’anno; la previsione di spesa per il 2018 solo per l’acquisto di nuovi armamenti è di quasi 6 miliardi: questo significa che il nostro Governo sceglie di destinare all’acquisto di strumenti di morte (F-35, navi, elicotteri, carri armati di ultima generazione) più del doppio di quanto dedica a questioni di “vita”, come la sicurezza degli studenti negli edifici scolastici. E’ questo solo un esempio (ma potremmo aggiungere i costi della “servitù nucleare”, legati alle spese di stoccaggio e sorveglianza delle testate atomiche tattiche americane B-61 nelle basi italiane, o, ancora, parlare di sanità, di istruzione, di ricerca, di lotta al dissesto idrogeologico,…) del motivo per cui la nostra presenza in piazza il 4 novembre è tutt’altro che un gesto retorico o provocatorio: è, invece, un modo per chiedere una cosa forte, concreta, che ha un impatto sulle vite di ciascuno di noi. “Svuotate gli arsenali”, diceva Pertini, sapendo quanto fosse insufficiente commuoversi di fronte alle foto di bambini mutilati dalle mine antiuomo made in Italy, o versare lacrime di coccodrillo di fronte alle malattie provocate dalle radiazioni del MUOS, o scandalizzarsi di fronte al crollo di un tetto di una scuola, se non si ha il coraggio di chiedere a gran voce scelte politiche, sociali, economiche e culturali differenti, se non si opta con forza per una scelta concreta di pace.
Per questo anche quest’anno, il 4 novembre, saremo a piazza Municipio, e tra i colori arcobaleno delle nostre bandiere sarà scritto con inchiostro invisibile che vogliamo un mondo in cui lo strumento atroce della guerra venga bandito, in cui non si debbano più piangere vittime innocenti, in cui i popoli possano autodeterminarsi anche nella scelta dell’uso dei fondi pubblici a favore dei diritti e non a vantaggio delle multinazionali dell’industria bellica. Né provocazione né oltraggio, ma voce altra, diritto di dire NO ad una parata che, purtroppo, non si è mai limitata ad essere memoria sobria e commossa di persone morte, ma è diventata pretesto per una retorica militarista ed, in fondo, inno a quella guerra che la nostra Costituzione ripudia”.