Di Clarissa Comunale – Primo appuntamento per la stagione teatrale invernale “Radici per restare” del Teatro dei 3 Mestieri, diretto da Stefano Cutrupi e Angelo Di Mattia, con la piece Dora in avanti, di Domenico Loddo, con Silvana Luppino, con la regia di Christian Maria Parisi, scene di Valentina Sofi, luci Guillermo Laurin, per una produzione Teatro Primo.
Sono le macchie di Rorschach a fare da sfondo alla storia di Dora Kieslowsky, che nel suo monologo, presenta se stessa e tutto quello che non è se stessa. I ricordi di un’infanzia difficile, l’ombra di un padre dal cognome importante e la vita cosmopolita stoppano drasticamente quel dolce dondolio del gioco all’altalena, un gioco condotto ed indotto da mani paterne che sono svanite nel nulla e che hanno portato la vita di Dora avanti verso il vuoto. È la nevrosi a costituire uno stato psicotico complesso di Dora che si rivolge allo “spiritual trainer” per imparare l’autocontrollo e l’equilibrio emotivo. Quel vuoto generato dal padre, in realtà, si dovrà trasformare in vastità interiore, in profonda conoscenza di se stessa. La galassia che si espande dentro di noi, infatti, risponde esattamente ad un mondo aperto, dal cuore incandescente, che è costantemente in espansione.
Dalla vecchia cassapanca fuoriescono i ricordi, le sofferenze e le idiozie della vita di Dora che deve imparare a prendere il coraggio di lasciarsi andare e cominciare a dondolarsi da sola su quell’altalena ormai isolata.
Nei ritmi e nei toni perfettamente equilibrati, Dora racconta il disastro esistenziale adoperando un linguaggio tra il metateatro e l’irriverente ironia della “patafisica”, l’assurda scienza che si attesta in uno stato intermedio tra la fisica e la metafisica. Nelle poesie dell’amante ragioniere, nonché datore di lavoro del marito di Dora, le assonanze ed i giochi linguistici dissolvono completamente il senso di un messaggio che non conduce a nulla. Questo “tutto pieno di niente” è la strada battuta da Dora che può solo seguire gli insegnamenti dello spiritual trainer, così perfetto nel corpo e nello spirito: “L’unica via d’uscita è dentro. L’unica via d’entrata è fuori”. È necessario riportare l’attenzione in se stessi e consolarsi nel dolore altrui, quando la morte costituisce non la fine, ma l’inizio, in primis del pianto che “arriva da un piccolo bacino cerebrale”. Nel comic drama muto scorre, come un fumetto, la tragedia di Dora: la perdita dell’amore, di un marito e di quel figlio illegittimo, paradossalmente ricompongono la sua identità fragile, perfettamente uguale a se stessa, capace soltanto di stare ferma e subire la storia. D’ora in avanti sarà tutto diverso.
Ultima replica stasera alle ore 21.
Foto copertina: Marco Costantino