“Risa stava lì prima dei fenici, dei greci, dei cartaginesi, degli arabi, dei normanni, degli spagnoli, degli austriaci, di tutti gli altri popoli che hanno mescolato i propri geni con il genio siciliano……..e forse sott’acqua giace un campanile di cui ancora s’odono i rintocchi quando s’annunzia un temporale, come raccontano i pescatori di Faro……” (Michele Ainis, Risa, ed. La nave di Teseo)
“La città tra i due mari sembrava proprio un piccolo paradiso terrestre ma…. c’era un’altra profezia che solo i Saggi conoscevano: quando la città di Risa al mattino risplenderà un Saggio oscuro la distruggerà” (Grazia La Fauci e Giovanna Chemi, Alla scoperta della città di Risa, ed.GBM).
Singolare, ma forse no, che a distanza di pochi mesi vengano pubblicati due romanzi che in modi molto diversi raccontano Risa, la città sommersa, ma ancor di più invitano alla “memoria” dei nostri luoghi e della nostra identità.
La memoria, già.
In una bellissima intervista di Anna Mallamo ad Ainis si legge che “…. la memoria e’ un inganno, il passato e’ di gran lunga più misterioso del futuro…..non sappiamo nulla del tempo dell’infanzia salvo qualche immagine che ci visita in sogno. Ed anche la memoria dei messinesi e’ un sogno che evapora al mattino”.
È proprio al sogno, alla memoria, alla ricerca del significato di vivere non per caso in questi luoghi, si proiettano i piccoli protagonisti della nuova storia di nonno Peloro, una delicata offerta di Grazia La Fauci che delle suggestioni dello Stretto coglie tutte le magie e le trasforma in avventure per ragazzi.
Così diversi gli stili, così necessariamente lontani gli obiettivi degli autori; così vicine invece, mi pare di poterlo dire, le passioni per il nostro “marestretto” che unisce Scilla e Cariddi.
Con una vena di rimpianto in Ainis, con un entusiasmo contagioso nella riccia Grazia.
Già, rimpianto ed entusiasmo, il sopra ed il sotto: come in tutte le cose, a noi isolani non deve mancare mai nulla.
Elio Conti Nibali