di Palmira Mancuso – Il ministro Salvini non ha interrotto la sua campagna elettorale permanente. Nemmeno dopo la tragedia di Genova, la città più terrona del nord, città di porto e di mare, città multietnica e accogliente, città delle contraddizioni e della poesia che De Andrè cantava e che per molti messinesi è città sorella.
Così ieri la visita del leader leghista a Messina non è stata come le altre. Non per lui che ha scalato in pochi mesi gli strati sociali cittadini, mettendo in disparte “le vecchie guardie” per dar spazio ai nuovi e più blasonati leghisti messinesi, ne per l’area progressista della città che nel nome dei diritti umani si è mobilitata per affermare e difendere una visione della società totalmente opposta a quella ostentata dal ministro giallo-verde.
E mentre Matteo Salvini approdava nello Stretto in perfetto stile nostalgico (con tanto di scorta navale e blindata che lo ha portato da Tremestieri fin dentro la base militare di San Raineri) fuori dalla base un nutrito gruppo formato da cittadini, tra cui chi vi scrive, ma anche rappresentanti di movimenti, associazioni e forze politiche hanno presidiato per tre ore l’ingresso.
Silenzio e mani tinte di rosso, alzate contro chi antepone ai diritti umani la retorica della sicurezza e a chi anche ieri è riuscito ad alimentare la propaganda dell’invasione dei migranti dichiarando: “In una giornata così triste, una notizia positiva. La nave Ong AQUARIUS andrà a Malta e gli immigrati a bordo verranno distribuiti fra Spagna, Francia, Lussemburgo, Portogallo e Germania. Come promesso, non in Italia, abbiamo già fatto abbastanza. Dalle parole ai fatti!”
I fatti che il ministro Salvini fa finta di non conoscere, ma di cui la storia prima o poi gli presenterà il conto, sono quelli provocati dalle conseguenze della politica del vicepremier e del governo: non solo in mare dove tra giugno e luglio si è registrata un’ impennata delle vittime (tra morti e dispersi 700 migranti hanno perso la vita durante vari naufragi nel Mediterraneo centrale) ma anche a terra dove il razzismo è stato sdoganato. E anche ieri qualcuno che non era riuscito ad entrare nella base per salutare il proprio leader, ha urlato insulti razzisti ad un ragazzo di origini egiziane che manifestava insieme agli altri. Un ragazzo adottato da una mamma messinese che ha partecipato con lui al sit in.
La compostezza e il silenzio sono stati fondamentali nel manifestare che le vite umane non sono merce di scambio elettorale, così come i diritti fondamentali. La sicurezza non è un “valore” se non declinata eticamente sul piano del diritto a lavorare sicuri, dell’attraversare un ponte senza preoccupazione che possa crollare, dell’essere certi del soccorso in mare.
Non ci sono morti di serie A e di serie B. Mentre Salvini continua a fare i suoi giri tra quel “sud” che arriva a San Luca attraverso il “ponte” messinese delle nuove alleanze, noi rimaniamo seriamente e consapevolmente al nostro posto.
A seguire, alcune interviste realizzate al consigliere comunale Alessandro Russo e al coordinatore provinciale di Articolo1 MDP Domenico Siracusano, a conclusione del presidio di #messinaperidirittiumani al quale hanno aderito il movimento che ha sostenuto Renato Accorinti alle scorse elezioni, Articolo Uno Mdp, Circolo Arci Thomas Sankara, Cambiamo Messina dal Basso, Mackwan Arcigay, Anymore Onlus, Piccola Comunità Nuovi Orizzonti, FPA Si Cobas, Presidio di Libera a Messina, PRC, Ufficio Migrantes della Caritas Diocesana, ANPI Messina, Alessandro Russo (consigliere comunale), Carmelo Picciotto (avvocato), Lelio Bonaccorso (fumettista) e la sottoscritta.