Sergio Bommarito ed Emilia Barrile: il “do ut des” tra il banchiere e la politica

Tra i rapporti “affaristici” dell’ex presidente del consiglio comunale Emilia Barrile, che nella corsa alla sindacatura con la lista “LEALI” ha ottenuto 5061 preferenze, vi è quello con uno dei personaggi potenti della città di Messina: il banchiere Sergio Bommarito, fondatore della società di recupero crediti Fire e consigliere della Banca di Credito Peloritano spa, dallo scorso maggio eletto dal Senato Accademico dell’Università di Messina quale componente esterno in seno al Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo.

Il nome di Bommarito risulta nell’elenco degli indagati per i quali la Procura di Messina, con in testa il Procuratore Capo Michele De Lucia, aveva richiesto la misura cautelare, respinta dal gip Teresa Leanza che ha stabilito prima l’applicazione della misura dell’obbligo di firma tre volte la settimana, in quanto la originaria contestazione di concorso in corruzione è stata riqualificata nel reato contestato in relazione alla condotta di traffico di influenze illecite, fino a revocare del tutto nella stessa giornata ogni misura di natura personale, ne reale, dopo un autonomo approfondimento.  

A Bommarito l’ex presidente del Consiglio comunale chiedeva assunzioni e sponsorizzazioni: in particolare chiedeva che venisse assunta la figlia in Banca ed Angela Costa, moglie del fidato Giuseppe Chiarella (candidato nella lista Leali), e che risulta essere prestanome di una delle coop riconducibii alla Barrile, all’epoca dei fatti titolare di un rapporto a tempo determinato con la Fire che si chiedeva venisse trasformato a tempo indeterminato.

Dall’attività di intercettazione emerge come si scambiassero favori reciproci: “la Barrile, in particolare, si adoperava per agevolare l’iter burocratico di talune pratiche di interesse del Bommarito” – scrivono gli inquirenti -” chiedendo, e spesso ottenendo, in cambio posti di lavoro per persone a lei vicine o sponsorizzazioni a favore di società di suo interesse”.
Il primo colloquio di interesse investigativo risale al mese di ottobre 2015 dal quale si evinceva l’impegno speso da Bommarito a favore della sistemazione lavorativa della figlia Stefania, fino in quel momento assunta con contratto a termine presso la Banca di Credito Peloritana, di cui il Bommarito è, come detto, importante azionista. L’uomo rappresentava alla Barrile che, nonostante il suo interessamento, non era stato possibile ottenere la proroga del contratto della figlia poiché un’altra dipendente era rientrata in
servizio dopo la maternità (”ciao cara … non ti ho abbandonato …ti volevo dire…io ho parlato per adesso non c’è niente da fare…, perchè sta rientrando quella della maternità… però ora…, meglio lasciare stare… perchè visto che rientra questa…non…. non possono assumerne un’altra …”) assicurando comunque il suo appoggio in futuro. Ma al contempo era Bommarito ad approfittare dell’interlocuzione per chiedere a sua volta un favore alla Barrile, ovvero una fomitura di acqua che gli consentisse, durante l’emergenza idrica, di tenere aperte le sue attività economiche, tanto che la Presidente si attiva contattando il presidente dell’Amam Termini, ma non ottenendo alcun risultato vista la difficoltà nel reperire l’acqua (erano i giorni della gravissima crisi idrica).

Le pressioni esercitate dalla Barrile sul Bommarito per ottenere la sistemazione in banca della figlia erano al centro anche di una seconda telefonata, intercorsa quarche mese dopo con Marco Ardizzone, il suo “consigliore” egemone a Gravitelli, a cui spiegava di di essersi attivata su due fronti: sia nei confronti di Francantonio Genovese per un’assunzione alla Siremar di Palermo, sia nei confronti di Bommarito, per un lavoro in banca che preferiva perchè gli avrebbe consentito di rimananere a Messina, rivelando anche che Genovese era intervenuto su Bommarito per sostenere questa soluzione.

Ecco nel dettaglio le accuse che i magistrati fanno a Bommarito:

“…perché Barrile, in più occasioni, quale presidente del Consiglio comunale pubblico ufficiale per compiere o avere compiuto atti contrari ai doveri d’uffìcio (in violazione, tra l’altro, dei doveri di imparzialità, correttezza ed autonomia),
consistenti:
– nel sollecitare, presso gli uffici comunali, la velocizzazione di una pratica amministrativa di interesse di Sergio Bommarito (imprenditore cui è riconducibile il gruppo FIRE)’ e nell ‘interferire nell’operato dei funzionari per ottenere l’esito positivo della medesima pratica, avente ad oggetto la ristrutturazione di un immobile (“villa Bommarito”):
– nel pressare ripetutamente su Leonardo Termini, presidente dell’AMAM s.p.a. – società a capitale interamente pubblico, detenuto dal Comune di Messina, sul quale aveva capacità di incidere in ragione del rapporto corrente tra Comune e società partecipate, e dei conseguenti poteri (interpellanze, ispezioni, inchieste, ecc.), spettanti quale consigliere comunale e Presidente del Consiglio cornunale – prospettandogli che Bommarito era disposto a corrispondergli del denaro, perché sbloccasse una serie di pagamenti di somme di denaro in favore della FIRE s.p.a., affidataria, per conto dell’AMAM, del servizio di recupero crediti, pagamenti ritenuti da Termini non dovuti;
riceveva da Sergio Bomnarito, per sé o per altri, utilità o ne accettava la promessa.

In particolore, otteneva la stabilizzazione lavorativa o, comunque, migliori condizioni economiche, in favore di COSTA Angela, collaboratrice presso l’impresa del Bommarito (è prestanome della Barrile nel ruolo di amministratore della cooperativa Peloritana Servizi), nonchè la promessa di assunzione, presso una impresa del medesimo Bommarito, della figlia della Barrile, Stefania, ed un contributo in denaro in favore della squadra di pallamano ove militavano le di lei figlie. Ardizzone quale concorrente morale, istigatore o rafforzatore del proposito criminoso di Barrile”.

“…Per quanto attiene a Bommarito Sergio, considerato che, a fronte di un analogo giudizio di disvalore sociale, il limiti edittali del reato di cui è chiamato a rispondere così come riqualificato in corso di trattazione non consentono l’applicazione della misura interdittiva, cautela minima indispensabile deve ritenersi quella dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria (poi revocata dallo stesso gip) secondo le modalità indicate in parte motiva”.

Nelle ore successive alla pubblicazione dell’inchiesta, l’avvocato Favazzo (già difensore di Francantonio Genovese) sulla posizione di Bommarito ha inviato una nota, dichiarando che “l’imprenditore si dichiara certo di poter quanto prima chiarire la propria posizione”. (Palmira Mancuso)

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