E’ denominata “terzo livello” l’operazione antimafia che la Dia di Messina sta eseguendo dalle prime ore del mattino, in sinergia con il centro operativo di Catania, supportata dai centri e sezioni di Reggio Calabria, Palermo, Bari, Roma, Caltanissetta,Catanzaro e Agrigento. Diverse ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip nei confronti di politici messinesi, esponenti della criminalità peloritana, imprenditori e faccendieri. Contestualmente sono in corso sequestri di imprese e beni immobili per un valore di svariati milioni di euro.
In attesa di particolari trapelano i primi nomi degli arrestati, tra cui spicca quello di Emilia Barrile, attualmente ai domiciliari, candidata sindaco alle ultime amministrative e già presidente del consiglio comunale durante i 5 anni di amministrazione Accorinti, legata politicamente a Francantonio Genovese (fino alla rottura proprio in campagna elettorale).
Misure cautelari anche per l’imprenditore Tony Fiorino titolare della Despar e il Dg dell’Atm De Almagro, il costruttore Vincenzo Pergolizzi e Sergio Bommarito della società di riscossione Fire. Sequestrati imprese e beni immobili per un valore di svariati milioni di euro.
Sono in tutto 13 le misure cautelari chieste dalla procura guidata da Maurizio De Lucia, ed in fase di esecuzione. Di queste 11 sono misure personali, due sono misure interdittive, mentre nell’indagine risultano altri 8 indagati.
La ex presidente comunale è accusata di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di plurimi reati contro la pubblica amministrazione, atti contrari ai suoi doveri, accesso abusivo ai sistemi informatici del Comune.
L’inchiesta ha infatti messo in evidenza come la Barrile abbia violato l’accesso al sistema comunale, per estrapolare dei dati a favore di imprenditori che lei favoriva, a scapito di altri, per ottenere consenso elettorale.
“Le indagini – scrive il gip che ha disposto le misure cautelari – rivelano la consuetudine della Barrile allo sfruttamento del potere di influenza che deriva dal ruolo pubblico per esercitare pressioni su dirigenti e funzionari del Comune per garantire il pronto soddisfacimento di interessi privati facenti capo a un ristretto gruppo di imprenditori cittadini a lei collegati da un inquietante logica del do ut des, essenzialmente costituito con prospettiva di ritorno sia elettorale che di assunzioni di parenti vicini presso attività imprenditoriali”.
Secondo gli investigatori, inoltre, la donna era il vero dominus di due coop, la Peloritana Servizi e la Universo Ambiente, che gestiva attraverso prestanomi. Grazie ad amicizie, come quella con un personaggio già coinvolto in un blitz antimafia con l’accusa di concorso in associazione mafiosa, riusciva a gestire alcuni servizi di ristorazione e di fornitura di steward per il parcheggio all’interno dello stadio cittadino”.