Con l’ordinanza n. 19752/18, depositata oggi, la Suprema Corte di Cassazione ha respinto il ricorso proposto dell’ex consigliere comunale, Donatella Sindoni, contro la sentenza della Corte d’Appello di Messina del 14 novembre 2017 che aveva accolto, confermando la precedente ordinanza del Tribunale di Messina, l’azione popolare promossa da alcuni cittadini messinesi per accertare l’ineleggibilità alla carica di consigliere comunale a Messina della Sindoni stessa. In ragione dell’infondatezza del ricorso, l’ex consigliere è stata condannata anche al pagamento delle spese legali.
Si chiude, così, una questione che ha interessato a lungo il precedente Consiglio comunale. La decisione della Cassazione stabilisce definitivamente “l’illegittimità della condotta del Consiglio comunale, che aveva sempre evitato di dichiarare la decadenza di Sindoni, nonostante la stessa versasse sin dal momento della sua elezione in una condizione di palese ineleggibilità”. La controversia era nata dal fatto che l’interessata, al momento delle elezioni amministrative del 2013, era legale rappresentante di uno studio di analisi convenzionato con il servizio sanitario e, quindi, ineleggibile ai sensi dell’art. 9, della Legge regionale n. 31 del 1986.
La questione era da tempo a conoscenza del Comune e il Segretario comunale aveva chiesto un chiarimento alla Regione Siciliana la quale, con parere dell’Ufficio legislativo e legale, aveva concluso per l’ineleggibilità della Sindoni.
Il Consiglio comunale, che in un primo momento non aveva assunto nessuna deliberazione al riguardo, l’1 agosto 2016, a seguito di ben due atti di diffida, aveva respinto la proposta di decadenza non approvando la relativa delibera.
A seguito di ciò, alcuni cittadini hanno promosso l’azione popolare accolta poi dal Tribunale. Tuttavia, il Consiglio comunale non ha voluto prendere atto di quanto statuito dal Tribunale e Sindoni ha così potuto impugnare la decisione che è rimasta automaticamente sospesa fino alla sentenza della Corte d’Appello del febbraio 2017. A seguito di tale sentenza sono entrati in Consiglio comunale dapprima Gaetano Gennaro e, dopo qualche mese, Giuseppe Sirausano.
Con la sentenza di oggi, la Corte di Cassazione ha affermato che, anche dopo la trasformazione delle Usl in Asp, e l’”arretramento” di competenze comunali in materia sanitaria, resta in vigore l’ipotesi di ineleggibilità prevista dalla legge regionale per i titolari di studi medici e sanitari convenzionati.
La Suprema Corte, nel confermare le decisioni dei giudici messinesi, ha ribadito che la norma sulla ineleggibilità applicabile al caso della ex consigliera “è volta a prevenire la lesione della par condicio tra candidati alla competizione elettorale, che si verificherebbe in favore di un soggetto che godesse di una particolare visibilità presso l’elettorato in virtù della carica rivestita, che lo pone come controparte in trattative contrattuali con la pubblica amministrazione in un settore di particolare rilievo sociale come la sanità”.
La Cassazione, inoltre, ha anche fugato qualsiasi dubbio di legittimità costituzionale adombrato dalla ricorrente.
Giuseppe Siracusano e i ricorrenti popolari sono stati difesi dall’avvocato Antonio Saitta e dall’avvocato Maurizio Parisi. Siracusano, infine, valuterà tutti i profili di responsabilità per i danni subiti dall’esclusione in Consiglio comunale.