Nasceva il 18 luglio di cento anni fa, in un piccolo villaggio del Sudafrica, Rolihlahla Mandela, poi “ribattezzato” Nelson nella scuola segregazionista. Chiamato affettuosamente “Madiba”, il nome datogli all’interno del clan al quale apparteneva, Mandela è stato il padre del Sudafrica liberato dalle atrocità di 43 anni di Apartheid e l’uomo-simbolo, in tutto il mondo, della lotta contro il razzismo e la segregazione razziale. Morì il 5 dicembre 2013, a 95 anni.
A rendere omaggio al grande leader anche l’ex presidente USA Barack Obama, che ha partecipato in SudAfrica alla grande manifestazione dedicata ad uno degli uomini che hanno cambiato la storia dell’umanità.
“Credete nei fatti”: con un appello al realismo, interpretato da molti come una critica al suo successore, Donald Trump, e’ tornato sulla scena Barack Obama. Il suo è stato un appello al cambiamento, alla speranza, alla tolleranza, all’uguaglianza e all’inclusione, auspicando la tutela dei valori lasciati in eredità da Mandela e la difesa della democrazia. Pur senza mai citare Trump, il suo riferimento è apparso chiaro: “Senza i fatti non c’è alcuna base per la collaborazione. Se io dico che questo è un podio e voi dite che è un elefante sarà difficile per noi collaborare”.
“C’è una politica della paura e del rancore” In un discorso fortemente politico, valutato come l’espressione più alta del suo impegno da quando ha lasciato la Casa Bianca, un anno e mezzo fa, Obama ha parlato di “tempi strani e incerti”. Ha aperto il suo discorso affermando: “Le notizie ogni giorno ci portano titoli da capogiro e inquietanti”. ha usato parole dure contro i leader che spingono “una politica della paura, del rancore, del trinceramento” e che si muovono “a una velocità inimmaginabile qualche anno fa”.