L’appello a non archiviare, anche alla luce della condanna per falsa testimonianza di Lelio Coppolino, uno dei testi del “Caso Manca”, non ha sortito alcun effetto. Il caso è chiuso: così ha stabilito il Tribunale di Roma.
“Ancora una volta sul caso di Attilio Manca ingiustizia è fatta, ancora una volta la verità viene sacrificata sull’altare della ragion di Stato”. A parlare è l’avvocato Antonio Ingroia, legale della famiglia Manca, dopo che il Gip di Roma ha accolto la richiesta di archiviazione della Procura di Roma.
“L’ennesima archiviazione della magistratura laziale, prima quella di Viterbo e oggi quella di Roma, conferma che avevamo ragione: lo Stato si autoprotegge, anzi si autoassolve, affinché non si sappia la verità, e cioè che Attilio è stato ucciso dall’apparato mafioso istituzionale che a lungo ha coperto la latitanza di Bernardo Provenzano prima del suo arresto, essendo all’epoca il boss il garante di Cosa nostra nella trattativa Stato-mafia.
Invece di approfondire e di indagare a fondo, come pure imponevano le palesi incongruenze e le lacunose ricostruzioni che hanno caratterizzato le indagini, nonché l’assoluta inattendibilità di alcuni testimoni, si è preferito non vedere e non sentire, si è deciso di ignorare fatti evidenti, così da mettere una pietra tombale sull’intera vicenda con 75 pagine di motivazioni assolutamente inconsistenti, con cadenze argomentative che ricordano quelle della Cassazione di Corrado Carnevale dei bei tempi andati…
Quella di Attilio – prosegue Ingroia – non è stata una tragedia di droga, come pure la si vuol far passare, Attilio è una vittima di Stato e di mafia, ma lo Stato non può e non vuole ammetterlo. E’ per questo – conclude Ingroia – che lo Stato italiano ancora una volta nega giustizia ad Attilio e alla sua famiglia. Ma non si può subire per sempre. È il momento che il Popolo della Verità si ribelli!”.
La storia processuale del caso Manca stride con il lavoro di inchiesta che in questi oltre 10 anni ha coinvolto giornalisti e avvocati, vicini alla famiglia di Attilio che chiede giustizia e che in queste ore ha ricevuto la vicinanza dei moltissimi che in Italia conoscono la storia dell’urologo barcellonese, e che no hanno mai creduto alla morte per droga.
“Non bisogna nè abbattersi nè demordere; Attilio ha vinto comunque! Evidentemente non era il momento storico per avere giustizia, ma la si avrà !” ha scritto ieri il fratello Gianluca – “Nessuna causa è persa finché ci sarà un folle che combatterà per essa!”. (Pal.Ma)