Di Clarissa Comunale – Una donna cresciuta in una famiglia politicizzata, deputata nel parlamento alla fine degli anni ’90 al tempo del presidente Khatami, sostenitrice del movimento di opposizione Onda Verde, Jamileh Kadivar, attualmente residente in esilio a Londra, ha raccontato il ruolo politico delle donne dopo la rivoluzione iraniana del 1979 in occasione dell’ottava edizione TaoBuk, in dialogo con la giornalista e studiosa Farian Sabahi.
Le reazioni contrastanti a seguito dell’occidentalizzazione dell’Iran hanno sancito diversi approcci di partecipazione politica delle donne. “L’impegno politico – dichiara Kadivar – non è solo un diritto, ma anche responsabilità e dovere”.
Anche se persiste una scuola di pensiero tradizionale che relega la donna al solo ruolo di madre e moglie, Kadivar sposa, invece, un atteggiamento moderato che pone l’assenza di contraddizione tra intervento politico e domestico. Spiega l’attivista: “esiste una compatibilità dell’islam con i diritti delle donne. In Iran c’è stato un avanzamento della presenza delle donne in ambito politico”.
La politicizzazione femminile richiamata da Kadivar dimostra l’attivismo delle donne non solo negli otto anni della rivoluzione iraniana, ma anche dopo i fatti del ’79, con il coinvolgimento in Ong o altre campagne di grande sensibilizzazione politica. “Nell’ultimo decennio – commenta Kadivar – l’accesso all’impegno politico è arrivato fino ai massimi livelli, non sussiste alcuna limitazione. Ciò non toglie, però, una presenza ancora oggi limitata, a fronte di una mancata imposizione di quote egualitarie”.
Qualche passo avanti è stato fatto. Dopo la rivoluzione iraniana, fino ad un massimo di tre donne hanno ricoperto cariche politiche importanti, come vicepresidente o capo gabinetto nei settori ambiente e sanità. Ma non basta, le percentuali sono ancora troppo basse per definire conclusa una rivoluzione che è in pieno fermento, in cui il velo, hijab, è, come sottolineato da Kadivar “il simbolo delle donne segno della protesta politica”.
La studiosa Farian Sabahi suggerisce una riflessione a partire dall’approvazione del Travel ban di Trump, il decreto che impedisce ad otto paesi musulmani di richiedere il visto: “Tra gli stati selezionati troviamo l’Iran ma non l’Arabia Saudita e non c’è stato nell’ultimo secolo un attentato iraniano su territorio americano”. In merito a questo, infatti, Kadivar esprime tutto il suo dolore per non poter incontrare la figlia che vive proprio in America, un negato ricongiungimento familiare che appare uno dei più grandi paradossi del nostro secolo.
Oggi, alle ore 18, a Palazzo Ciampoli Farian Sabahi, docente, giornalista e storica discuterà su “La rivoluzione dell’identità e il senso delle radici”, a partire dalla sua ultima pubblicazione Non legare il cuore (Solferino).