That’s America: il fascino dello squallore in “Nostalgia di un altro mondo” di Ottessa Moshfegh

Di Clarissa Comunale – Penultimo appuntamento con il book club La Gilda che Legge, presso la libreria La Gilda dei Narratori, per il ciclo “That’s America”, guidato da Roberta D’Amico e Ignazio Lax. Martedì 5 giugno è stata la volta di Ottessa Moshfegh con Nostalgia di un altro mondo (tr. G. Guerzoni, ed. Feltrinelli, 2018, €17,00).
“Non c’è nessun dove in questo posto. Non so cosa sia, ma di certo non è qui, qui sulla Terra, con tutti voi poveri scemi. Mi piacerebbe sapere cos’è, non perchè penso che sarebbe bello parlarvene, semplicemente perchè mi manca da pazzi. […] L’unico modo per raggiungerlo è andarci” (p. 206).
Quattordici racconti per raccontare fatti, luoghi e personaggi alle soglie dell’orrido e dell’utopia: uomini e donne tipici dell’americano-medio, tossicodipendenti, finti insegnanti, attori falliti, maniaci. Il gusto dello squallore in ambientazioni cupe e periferiche intessuto con un stile prettamente carveriano, ma che è nettamente inferiore al modello in materia di contenuti. Il fallimento umano come la portata dell’immane solitudine di cui sono circondati i protagonisti di Moshfegh è attraversato da odori, immagini e suoni fuori da ogni retorica, al di sopra di ogni regola perbenista.
“Se hai la faccia po’ gonfia, riempiti la bocca di chicchi di caffè. Se hai la mascella poco pronunciata, fatti crescere la barba. Se non puoi farti crescere la barba, scegli colori che siano più chiari della tua carnagione. Se vuoi una cosa che non puoi avere, cerca qualcos’altro. E soprattutto, desidera quello che ti meriti, probabilmente lo otterrai” (p. 41).
Quel corpo, che ossessivamente ricorre tra le pagine, è violato, desiderato, disprezzato, osannato, impotente, diventando il solo spazio vitale entro cui potrebbe celarsi “l’altro mondo”, un altrove noto all’umanità, tanto da suscitare un sentimento nostalgico, come suggerisce il titolo della stessa raccolta. Nessuna gioia, ma a tratti humor nero attraverso cui la realtà è dissacrata e svilita dall’assenza di giochi di ruolo, tanto da azzerare qualsiasi tentativo di demarcazione tra femminile e maschile. I racconti di Moshfegh, infatti, non sono racconti di genere, ma rappresentano l’umano disgusto del mondo, la più terrena banalità umana.
“Quasi tutti i personaggi di Moshfegh hanno problemi dermatologici – ha commentato Roberta d’Amico – rivelatori di un giudizio di se stessi che distoglie quello degli altri, una prospettiva esteriore che rivela una corrosione interiore. Mentre è singolare un concetto distorto di casa, che è sempre differente e che rivela un malessere di fondo”.
Secondo Ignazio Lax, nelle parole dell’autrice americana, “vi è una rappresentazione oggettiva che non influenza il lettore. Non si compiace di utilizzare espressioni esplicite ed il suo linguaggio senza filtri, che non acconsente alcuna mediazione, non è volgare”.
Dunque, la Gilda ha promosso o bocciato? Certamente non ha suscitato molta curiosità e la bocciatura è meritata.
Ultimo appuntamento con un classico, giovedì 28 giugno, Uomini e Topi di John Steinbeck.

Ottessa Moshfegh è nata a Boston e ha origini iraniane e croate. Ha pubblicato una novella, McGlue, che ha vinto il Fence Modern Prize in Prose e il Believer Book Award. I suoi racconti, riuniti in Nostalia di un altro mondo, sono apparsi sulla “Paris Review”, sul “New Yorker”, su “Granta”, “Vice”, esue sono valsi il Pushcart Prize, l’O. Henry Award e il Plimpton Prize. Con Eileen, il suo primo romanzo, ha vinto il PEN/Hemingway Award per l’opera prima ed è stata finalista del National Book Critics Circle Award e del Man Booker Prize.

Partecipa alla discussione. Commenta l'articolo su Messinaora.it