La politica da museo e il rosmarino prostrato

di Palmira Mancuso – La “guerriglia gardening” in casa Bonino-Pulejo si è rivelata una ottima strategia di marketing, anche politico. Altro che “roba da museo”: oggi nel piazzale del Mume, tra i viali cementificati e le aiuole dove hanno trovato posto diverse e pregiate specie di piante mediterranee, la vera protagonista è stata la destra messinese, quella pronta a dare un contributo elettorale a Bramanti (s’intende).

Categorico Musumeci che non ha voluto rilasciare dichiarazioni in merito alla sua presenza anche in chiave elettorale, perchè in veste di “presidente di tutti”. Così di accordi elettorali, di riunioni avvenute prima e dopo la tappa al museo, nel segno di una candidatura che trova sostegno nelle radici della “vecchia guardia” della Fondazione Bonino Pulejo, dovremo parlarne in un’altra occasione. E non ci resta che proseguire la nostra passeggiata disincatata tra la vegetazione, dove spiccano certo i “sempreverdi” visto che la primavera tarda ad arrivare.

Tra strette di mano e presentazioni, e omaggi plateali di antica riconoscenza, il clima è quello della passerella elettorale, con l’assessore Razza in jeans strappato accanto a Dino Bramanti, mentre quel che resta del vento sullo Stretto soffia leggero a scompigliare i capelli di Piero Adamo e il “tirabaci” del capo della segreteria tecnica dell’assessorato regionale alla Salute Ferdinando Croce.

Molte le istituzioni politiche della sanità siciliana, senza dimenticare la deputata Elvira Amata membro della commissione sanità dell’Ars e pronta a presentare la lista dei suoi “Fratelli d’Italia” a sostegno di Bramanti: giusto perchè il centro destra a Messina non gode di ottima salute, vista l’emorragia di voti che potrebbe provocare lo strappo di Pippo Trischitta che rivendica la coerenza di antiche fiamme che qualcuno oggi vorrebbe alimentare con le palle di pellet, a cui l’ex consigliere comunale non vuole adeguarsi. Fino a legittimare (tramite annunciata querela da parte di Bramanti) che sia un insulto mostrarsi a pranzo o a cena con Genovese, i cui voti continuano a far gola a tutti (però in maniera riservata).

Restiamo nel piazzale dove dal seguito istituzionale che accompagna il Governatore tra le piantine nuove di zecca, si stacca solitario l’unico uomo in maglietta: il sindaco Accorinti che, poco avvezzo ai defilè (senza nemmeno bisogno di metafora) e dimenticandosi di essere anche lui in campagna elettorale, lascia correndo ginnicamente l’area che nel frattempo si è più che popolata. Strappa a qualcuno un sorriso, ad altri un sospiro di sollievo.

E’ poi la volta di Giovanni Ardizzone, che di politica non ne vuole proprio più parlare, e aumenta il passo quando dopo un saluto la nostra curiosità va oltre il suo “essere stato invitato all’inaugurazione”.

Riconosciamo Carmelo Briguglio, Lucrezia Lorenzini che chiacchera affettuosamente con Daniela Faranda, Daniele Tranchida. Arrivano insieme Silvestro Arbuse e Dario Caroniti. 
E mentre Musumeci è ancora intento a scoprire arbusti e piante rare, notiamo anche Nino Germanà e il neo rettore Salvatore Cuzzocrea che fanno gruppetto a se: cognomi che valgono quel senso di “immutabilità” per il quale il ricambio generazionale è solo questione anagrafica, tranne per amici d’infanzia o se sei fortunato, compagni di scuola dei pargoli prescelti.

Torniamo a camminare. In fondo eravamo qui per l’inaugurazione di un giardino. Allora guardiamo da vicino le piante. Ci viene agli occhi il “rosmarino prostrato”. Ci chiediamo se il genius loci vuol dirci qualcosa. E ci viene in mente lo Zibaldone di Leopardi. Ma forse è solo il momento di tornare a casa a pranzare.

 

 

 

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