di Giuseppe Contarini – Sabato mi è venuta una voglia improvvisa di Teatro, quel Teatro che nasce da una necessità, da un’urgenza, quel Teatro che emoziona che trattiene, che scuote, che indigna, che ti rapisce che confonde il tempo e lo spazio, insomma di Teatro, e per fortuna che sto a Messina, città ricca di Teatro che pullula di teatranti, visibili in ogni dove, ricca di stagioni rassegne corsi ecc ecc.
Il teatro a Messina si propaga come un Virus, un pò come la serie Tv americana The Walking Dead: un attore vede una persona normale, gli parla per un pò, la contagia e quello diventa attore e inizia a recitare da tutte le parti, cosi funziona, comunque camminavo da solo nel corso Cavour quando vengo attratto dalla meravigliosa bacheca dalla Sala Laudamo.
Bellissima Bacheca, molto luminosa e attraente, complimenti per la bacheca, cosi mi avvicino, e leggo: LAUDAMO OFF Incubatore Culturale, osservo tutta la stagione, tutta la cultura teatrale che è in essa incubata, ieri era il turno dello spettacolo IL TEMPO DELLA MELA con: Elvira Ghirlanda, Gabriella Cacia, Milena Bartolone, Regia: Marcantonio Pinizzotto, Luci: Giovanna Verdelli, Oggetti Scenici: Simone Di Blasi, tutti esperti del settore, esponenti del panorama Culturale Teatrale Messinese.
Io li conosco tutti perché sono preparato ed ho cultura: il testo è liberamente tratto da “Mela” di Dacia Maraini, che non so chi sia, forse una loro amica, ma poco importa, io ho voglia di Teatro cosi faccio il biglietto ed entro.
Superata la porta metallica della Sala Laudamo, entro nel foyer e noto che c’è un sacco di luce, la porta del bagno è aperta, controllo e c’è la luce accesa anche se dentro non c’è nessuno, penso a Giovanna Verdelli alle luci, questa cura dei dettagli mi piace, sta facendo un buon lavoro, sono contento quando qualcuno capisce l’importanza delle luci in Teatro.
Io sono anche fotografo: di solito le trascurano, le reputano meno importanti, invece le luci sono fondamentali, importanti quanto l’attore, quanto l’azione, quanto la parola, sono importanti quanto il Teatro stesso; il biglietto lo staccano dei ragazzi, sono studenti della scuola, fanno alternanza Scuola/Lavoro, insomma lavorano gratis, però fanno pratica, gli dico se sanno che al Vittorio Emanuele c’è esubero di personale, ovvero gente che ha uno stipendio e non sa che fare, che per combattere la noia si prende a schiaffi, ed è per questo che il Presidente Luciano Fiorino si sta impegnando ad aprire il Bar dentro il Teatro, cosi hanno il luogo appropriato per svolgere le loro funzioni, ma quei ragazzi ridono e dicono buonasera e basta, in effetti che gliene frega.
Entro in sala e mi siedo come al solito all’ultimo posto, nel frattempo la gente prende posto, sono tutti contenti molti si conoscono e parlano, ad un certo punto si spengono un pò le luci. Poi si spengono tutte, poi buio, poi si accende una luce rossa, si vedono degli oggetti sul palco, sono gli oggetti scenici di Simone Di Blasi, delle strisce con delle scritte attaccate alla parete, un tavolo e delle sedie.
Entrano le attrici, recitano le battute, sono molto brave hanno imparato tutte le battute a memoria, non è facile lo so, io sono anche attore, le luci a volte si accendono e volte si spengono a volte cambiano colore, le attrici recitano le battute dimostrando che hanno studiato, vedo che tutto procede bene.
Tutto molto tranquillo, come da copione. Cosi dopo dieci minuti inizio a rilassarmi, chiudo un pò gli occhi, di tanto in tanto guardo il cellulare, mi rendo conto che il testo è interessante verso metà rappresentazione: parla di Rivoluzione al femminile, di lotta di classe e di intrecci sessuali.
Niente male questa Dacia Maraini, probabilmente l’avrò vista in giro, magari la conosco di vista, devo informarmi, le attrici continuano a recitare le battute a memoria, senza sbagliare una battuta, bravissime, dopo un pò finisce lo spettacolo, le luci si accendono poi si spengono poi si accendono poi si accende la sala.
Non voglio alzarmi per primo, sennò poi la gente capisce che sono anche un Critico Teatrale, aspetto che escono un pò di persone e poi esco. La mia voglia di Teatro è rimasta immutata, e come spesso accade, per respirare un pò di vera essenza teatrale sono costretto ad andare da Pippo, dove con cinquemila euro prendo un panino e una birra e dove ogni sera posso soddisfare questa mia necessità. Suggerisco di ascoltare la canzone di Cristiano De Andrè “Che gran confusione”, ciao, arrivederci.