di Fra Giuseppe Maggiore – Dal Vangelo secondo Giovanni In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Questa IV domenica di Quaresima è chiamata Laetare, della gioia. Certo se guardiamo i telegiornali o leggiamo i quotidiani o ci guardiamo attorno c’è poco da essere gioiosi. Eppure Gesù parlando a Nicodemo ci rivela l’infinito amore che Dio ha per noi: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito”. Il motivo di questa gioia e Cristo Gesù, dono del Padre a noi uomini.
La gioia del cristiano è proprio qui: pensare e credere che Dio ci ama sempre di un amore sconfinato, che ci fa superare ogni prova, che riempie i nostri vuoti, cancella ogni nostro peccato, e ci sospinge con entusiasmo verso un cammino nuovamente sicuro e lieto (S. Giovanni Paolo II). Ora, questo amore infinito possiamo lo possiamo accogliere o rifiutare: qui c’è la nostra grandezza e la nostra povertà, qui c’è un vaglio, un giudizio, anzi, il vero giudizio: accettare o rifiutare Cristo. Quando Gesù parla di credere in lui, non intende un generico credere che Dio esiste o in una serie di dottrine: nella Bibbia non si crede a qualcosa, ma in Qualcuno. Credere in Gesù significa affidarsi a lui: se credo davvero che Gesù è il Signore della mia vita, obbedirò a lui, mettendo in pratica quello che dice nel Vangelo. Non basta mostrandolo o giurare sul Vangelo per dirsi cristiani e veri seguaci di Cristo. La Parola va meditata, scritta col fuoco della preghiera e dell’ascolto nel nostro cuore, vissuta con immenso impegno amando ogni fratello senza fare ragionamenti prettamente umani.
Rinascere a vita nuova significa abbandonare le logiche umane e un populismo spietato che non fa altro che allontanarci dal modo di pensare di un Dio che si fa uomo, povero, emarginato. Che dice di essere presente nel povero, nel carcerato, nell’ammalato… nello straniero
Oggi si parla molto di essere sinceri, autentici e tutti infondo desideriamo esserlo, perché siamo fatti dalla – e per la – verità. Ma a volte la verità ci intimorisce perché è esigente e impegnativa: riconoscere che non ce la facciamo o che abbiamo sbagliato, può sembrare uno smacco per il nostro orgoglio, e preferiamo far finta di niente, arrivando persino alla presunzione di pensarci sempre nel giusto: la persona che non ama la verità, non solo la può rifiutare, ma può anche diventare incapace di riconoscerla! Poi assistiamo a tanti che cercano di mimetizzarsi, mascherando le vere ragioni delle loro azioni sia agli altri, a loro stessi e pure a Dio. Altre volte si sarà tentati di dare un nome diverso alle cose per il proprio tornaconto, come fanno quanti vogliono ingannarsi, negando ad esempio che una cosa è sbagliata solo perché a loro va di farla; o si farà finta di non capire, perché alla fine non interessa capire: In certi casi poi può venire la tentazione di servirsi della tolleranza (ma sì, dai, non è niente), del sotterfugio (tanto nessuno se ne accorge), delle mezze verità, o peggio, della stessa menzogna: purtroppo è molto, ma molto facile accettare la menzogna quando viene in aiuto della pigrizia, della superbia, della vanità, della sensualità.
Quante volte mentiamo o non diciamo tutta la verità per non affrontarne le conseguenze talvolta per correttezza. Altre volte, il più delle volte, per non passare un brutto quarto d’ora. Qualche volta per non farlo passare agli altri. E sempre, per vigliaccheria. Così, con questa paura di andare fino in fondo, non sarai mai uomo di criterio (S. J. Escrivà). Questo è un tempo propizio per lasciarci perdonare da Dio, per far verità nelle nostre vite. Ma questo vuol dire rinnegare la propria idea di bravura, e consegnarci a Dio, poveri. Qui è la gioia. Il problema non è quanto grande sia il nostro peccato, ma capire quanto grande sia l’amore di Dio. Alla fine Gesù ci dice che chi fa la verità viene alla luce e ha proprio ragione: solo la scelta di una vita autentica permette di aprirsi alla verità: se sei sincero, con la coscienza limpida, la verità la incontri, la capisci, la ami. Qui Gesù non parla di sapere la verità, quasi che la verità siano idee da imparare: no, la verità è qualcosa da fare, è una vita da vivere autenticamente, orientandola al Vangelo. Che Dio ci doni la libertà di chi sa vivere nella verità!