di Carmelo Catania – Nell’ultima operazione antimafia della Dda di Messina, la Gotha 7, emergono nuovi sviluppi sul ruolo esercitato all’interno dell’organizzazione mafiosa dall’infermiere Santo Napoli, per molti anni consigliere comunale a Milazzo.
Il suo nome era stato fatto nella relazione di minoranza della Commissione parlamentare antimafia della XIV legislatura, dove era stato definito “autorevole referente del clan barcellonese nella città di Milazzo”.
Citato in diversi rapporti di polizia quale “anello politico di congiunzione fra il mondo politico e la criminalità organizzata”.
Il pentito Melo Bisognano lo ha definito “persona di fiducia di Sam Di Salvo, Giovanni Rao e Antonino Merlino”, soggetti di spicco del sodalizio criminale tirrenico.
Con il blitz interforze, che all’alba del 24 gennaio ha inferto un nuovo pesante colpo alla riorganizzata famiglia mafiosa dei barcellonesi, emergono nuove rivelazioni sulla figura dell’infermiere ed ex consigliere comunale milazzese e sul suo ruolo e i suoi rapporti con la mafia tirrenica.
Fin dagli anni 1999/2000 Napoli, grazie anche al ruolo ricoperto per molti anni all’interno dell’amministrazione comunale milazzese e alla sua professione di infermiere presso l’ospedale di Milazzo, avrebbe favorito l’associazione mafiosa barcellonese, ricevendone in cambio benefici economici e appoggi elettorali.
Questa è la pesante accusa che gli muove la procura antimafia messinese.
Scorrendo il centinaio di pagine che l’ordinanza Gotha sette dedica all’esame della sua posizione e le dichiarazioni convergenti di diversi collaboratori di giustizia, si legge come il Napoli avrebbe favorito latitanze, fornito informazioni di interesse per il clan, indicando in particolare i lavori appaltati dal comune di Milazzo e le ditte che li avrebbero realizzati consentendo in tal modo all’associazione di sottoporre queste ultime ad atti intimidatori e richieste di pizzo.
E non si sarebbe trattato di episodi isolati, ma di un’attività ripetuta nel corso degli anni.
Nei vari incontri che gli affiliati ebbero con il Napoli, quest’ultimo – talora – procedeva alla consegna di veri e propri “pizzini” indicanti imprese e lavori, ricevendone un compenso”, che alcuni collaboratori indicano in una somma fissa data al Napoli, altri invece hanno riferito della consegna di somme proporzionali all’importo dei vantaggi illeciti assicurati.
Ma l’ex consigliere avrebbe svolto anche un ruolo più diretto.
In qualche occasione sarebbe stato anche portavoce del clan, avrebbe cioè “sistemato” le estorsioni agendo come mediatore presso la vittima per conto dell’associazione e questo, secondo le risultanze delle indagini, fino al 2009.
Sempre grazie al ruolo ricoperto e nei limiti delle influenze in grado di esercitare, avrebbe favorito, l’aggiudicazione di certi lavori pubblici ad imprenditori intranei o contigui all’associazione (Mastroeni, Marchetta, Puliafito e Molino, ndr), agendo comunque di concerto con esponenti di spicco della mafia barcellonese (i fratelli D’Amico, ndr) affinché certe iniziative imprenditoriali venissero gestite da questo o da quell’imprenditore. Almeno fino al 2011 era considerato “persona cui potersi rivolgere per avere informazioni in ordine ai lavori in corso di svolgimento nel territorio barcellonese”.
Grazie alla sua attività di infermiere professionale e dei contatti creati con personale sanitario riusciva a far ottenere certificazioni di favore nell’interesse degli affiliati al clan.
Oltre a ricevere compensi in denaro, il Napoli avrebbe beneficiato dell’aiuto dell’associazione per ottenere il mantenimento dell’ordine all’interno delle discoteche da lui gestite ed avrebbe ottenuto l’aiuto dei d’Amico allorché ha voluto porre in essere azioni punitive per interessi personali. In occasione delle tornate elettorali avrebbe anche usufruito dell’attività di procacciamento dei voti svolta da elementi dell’associazione mafiosa.
Dalle indagini emergerebbe quindi la figura di un soggetto molto vicino al sodalizio criminale barcellonese, beneficiandone dell’appoggio per realizzare i propri interessi e assicurando a sua volta a quest’ultimo un apporto determinante.
Il Bisognano ha dichiarato che Napoli non era organico ma costituiva un punto di riferimento per l’associazione. I fratelli D’Amico hanno parlato di persona vicina o che faceva favori all’associazione. Solo Nunziato Siracusa è stato più netto parlando di appartenenza all’associazione mafiosa barcellonese.
Una posizione che il gip Monica Marino ha ritenuto porsi su “quella linea di confine non sempre facilmente definibile fra intraneità e concorso esterno”, concludendo per “la qualificata probabilità che il Napoli sia stato concorrente esterno e ciò fino ad epoca relativamente recente”. (ha collaborato Palmira Mancuso)