Il processo alla messinese Chiara Rizzo aggiornato al 29 gennaio

“Io non ho mai negato di essermi interessato a far ottenere l’asilo politico a Matacena, ma continuo a pensare che non sia un reato. Semmai una questione inopportuna, che non rifarei”. A dirlo è stato Claudio Scajola parlando con i giornalisti in una delle pause del processo che lo vede imputato a Reggio Calabria per procurata inosservanza della pena in relazione alla latitanza dell’ex deputato di Fi Amedeo Matacena, condannato a 3 anni per concorso esterno in associazione mafiosa e adesso a Dubai.

Nel processo, insieme a Scajola, è imputata anche la moglie di Matacena, la messinese Chiara Rizzo. Matacena, dopo essere fuggito alle Seychelles per evitare l’arresto dopo la conferma in Cassazione della condanna, è andato a Dubai da dove, secondo l’accusa, la Rizzo, con l’aiuto di Scajola, avrebbero voluto trasferirlo in Libano considerato un Paese da cui è più difficile essere estradati. In questa operazione avrebbero dovuto essere aiutati dall’uomo d’affari di Catanzaro Vincenzo Speziali, residente da tempo in Libano, e coniugato con una nipote del leader cristiano-maronita Amin Gemanyel.

Speziali, anche lui coinvolto nell’inchiesta, ha chiesto ed ottenuto, con il parere positivo del Procuratore aggiunto della Dda Giuseppe Lombardo, il patteggiamento. L’udienza è in programma il 29 gennaio prossimo. Nel corso dell’udienza di oggi davanti ai giudici del Tribunale reggino, è stata confermata la convocazione come teste per il prossimo 5 febbraio di Silvio Berlusconi. I giudici hanno poi ascoltato la testimonianza del funzionario ex Carige (banca di cui era vicepresidente un fratello di Scajola) Paolo Pippione, il quale ha confermato le pressioni dell’ex ministro dell’Interno affinché spostasse consistenti somme di danaro da Montecarlo a Nizza per favorire i coniugi Matacena, pressione alle quali Pippione ha sempre resistito, dopo avere scoperto che Matacena era stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. (Gianfranco Pensavalli)

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