Lo spettacolo non ci ha appassionato. Ecco tolto il dente, spieghiamo il perchè. La Guerra dei Roses a cui abbiamo assistito al Teatro Vittorio Emanuele più che allo humor nero, a quell’ironia amara che ci fa riconoscere l’amore quando è la morte a liberarci dai rancorosi schemi della vita di coppia, è stata una gridata rappresentazione dai toni grigi o al massimo isterici. Con qualche momento brillante grazie soprattutto a Massimo Cagnigna la cui presenza scenica si è fatta notare più di altri.
Non è certo colpa degli attori, tutti bravi a partire da Ambra Angiolini, che con Matteo Cremon ha dato vita ad una coppia in cui molti tra il pubblico si sono riconosciuti, soprattutto le donne (visti gli applausi che hanno segnato spesso la fine di ogni cattiveria urlata sul palco). Secondo noi è stata proprio la regia, la caratterizzazione dei personaggi. Uno sbilanciamento tra lei e lui, che invece trovava equilibri nei due coprotagonisti.
Filippo Dini, bravo attore ma anche regista teatrale, non è riuscito a chiudere la tragedia comica, e il finale è mancato di quel crescendo che ti fa esplodere l’anima.
E non è colpa della storia, nota a tutti grazie soprattutto alla pellicola cinematografica: Warren Adler adattandola per il teatro, ha conservato quella comicità crudele che invece è sembrata sparire sul palco, sopraffatta da un caos isterico. (Palmira Mancuso)