Stangata confermata, anzi aumentata per Giulia Adamo, mamma di Virginia, dunque, suocera di Pietro Franza. La Corte dei Conti, sezione d’Appello, ha condannato la Adamo al pagamento di 181 mila euro come risarcimento delle cosiddette spese pazze all’Ars. L’ex sindaco di Marsala e deputato regionale si è vista praticamente confermata la sentenza di primo grado dei giudici contabili, con un aumento della somma da risarcire. I giudici di appello, hanno infatti aumentato il danno erariale in capo a Giulia Adamo per spese di circa 26 mila euro.
La sezione d’appello della Corte dei Conti ha chiuso la faccenda rideterminando l’importo che Giulia Adamo deve risarcire all’erario. Si passa dai 156 mila euro del primo grado a 181.763,56 euro. Una vera e proria batosta.
Giulia Adamo viene condannata in appello per spese sostenute con i soldi dei gruppi parlamentari ma che nulla hanno a che fare con le attività istituzionali. Si tratta di spese sostenute dal gruppo Udc quando la Adamo ne era presidente durante la XV legislatura dell’Ars.
Tra le spese che fecero più scalpore, in questo filone del processo, ci sono sicuramente le cravatte e carrè di seta per 1320 euro e un dono di nozze per un dipendente da 2.000 euro.
E’ la seconda condanna per Giulia Adamo, che è stata condannata dai giudici della Corte dei Conti a restituire 65mila euro quale danno erariale per le spese illegittime fatte con i soldi pubblici quando era deputato regionale e capogruppo all’Ars del PdL prima, poi divenuto Futuro e Libertà per l’Italia.
Giulia Adamo ha tentato di difendersi in questo procedimento portando davanti ai giudici la sentenza di assoluzione nel parallelo procedimento penale in cui era accusata di peculato. I giudici contabili però hanno ribadito che il giudizio sulla condotta amministrativa è differente ed indipendente dalle responsabilità penali, anche se vertono sugli stessi fatti.
“Lo sviamento delle risorse pubbliche, unitamente alla responsabilità dei soggetti cui tale sviamento sia imputabile, qualifica in termini di danno erariale il pregiudizio conseguente alla mancata dimostrazione della corrispondenza e coerenza dell’utilizzo di esse alle finalità istituzionali prestabilite e, di conseguenza, ricade nell’ambito di cognizione della Corte dei conti, quale Giudice naturale costituzionalmente deputato alla tutela del pubblico erario” chiarisce la Corte dei Conti.
I giudici d’appello della Corte dei Conti hanno in sostanza rigettato le tesi difensive di Giulia Adamo. In più hanno ribadito che “al Presidente del Gruppo compete la corrispondente responsabilità, compresa quella amministrativa, secondo principi generali di contabilità e norme che disciplinano l’erogazione di finanziamenti provenienti dal pubblico erario”. In sostanza il presidente di un gruppo parlamentare è responsabile di tutte le spese che vengono fatte, come recitano le norme e la giurisprudenza in merito.
La difesa di Giulia Adamo ha portato, anche in appello, la tesi del “difetto di giurisdizione”, richiamando una sentenza della Corte Costituzionale in cui si affermava “che il Procuratore regionale non può ordinare ai rappresentanti legali dei Gruppi parlamentari di esibire in forma integrale la documentazione e gli atti contabili pertinenti le contribuzioni e i finanziamenti liquidati dall’A.R.S., non potendosi riconoscere al PM contabile “un generale e diffuso potere di controllo interno a ciascuno e a tutti i gruppi””.
Ma su questo punto la Corte dei Conti ha ritenuto “infondata” l’opposizione dei legali della Adamo “considerato che, nella fattispecie, il procedimento ha avuto l’avvio a seguito di fatti circostanziati, oggetto di una indagine penale, nell’ambito della quale la Guardia di Finanza è stata delegata ad effettuare specifici e mirati accertamenti”.
“Devono pagare tutti, non solo io”. E’ quanto ha detto l’ex capogruppo all’Ars, Giulia Adamo, a proposito dell’altra condanna inflitta dalla Corte dei Conti sul caso delle “spese pazze”, quella da 65 mila euro. In quell’occasione, ad ottobre, l’ex sindaco di Marsala aveva annunciato di voler presentare ricorso alle Sezioni unite della Corte di Cassazione.
E adesso ci si aspetta un ricorso in Cassazione anche per questa sentenza. (@Gianfranco Pensavalli)