di Marina Pagliaro – Due monologhi accomunati dalla voglia di rappresentare la miseria umana che si nasconde e che nasce dietro le politiche statali di immigrazione e di gestione sbagliata dell’alterità. Miserie inconsapevoli, quindi, contrasti di povertà al di là della razza, ritratti della tragedia dietro la tragedia.
Lampedusa, che sarà in scena al Teatro Vittorio Emanuele stasera alle 21 e domani alle 17, e che ieri è stato rappresentato per la prima volta a Messina, racconta due storie, quella di Stefano, interpretato da Fabio Troiano, un pescatore-becchino che ha trovato nella pesca dei cadaveri dei migranti il riadattamento del suo lavoro ormai in crisi, e quella di Denise, interpretata da Donatella Finocchiaro, immigrata di seconda generazione, che a Monza riscuote crediti per pagare le tasse dell’università.
Storie queste apparentemente distanti ma vicinissime che raccontano, intrecciate alle loro, altre storie: quelle degli sbarchi, quelle della ricerca dell’identità, quelle delle identità perdute, quelle degli ultimi della nazione che sono dimenticati da tutti e che nell’oblio navigano senza voglia di andare al di là della quotidianità e di ciò che essa, miserabilmente, offre.
Stefano è uno degli ultimi. Denise anche. Ma il faro di legno, minimalista, che sovrasta il palco e rappresenta, insieme a cento luci che scendono dall’alto, la scenografia semplice ma di forte impatto, mostrano ciò che accomuna sia Stefano che Denise: l’umanità e la speranza.
Lampedusa, di Anders Lustgarden, diretto da Simona Celi e tradotto da Elena Battista, vuole trasmettere nell’angoscia di due vite parallele e miserabili, nel racconto di due infrequentabili che si abbassano a fare quei lavori che la società tanto abnega ma che sono il frutto proprio della politica che essa produce, la speranza di una umanità che persiste al di là della tragedia.
Denise, alla fine, lascerà il suo lavoro. Stefano confessa comunque che spera sempre di salvare le vite di quei migranti con cui poi stringe amicizie e legami, nonostante il suo lavoro sia quello di becchino del mare. Questa è la loro umanità, che resta ancora al di là delle politiche comunitarie. La singolarità degli ultimi che possono ancora resistere facendo delle proprie vite un baluardo di speranza.
Grazie all’alternanza delle voci di Stefano e di Denise lo spettacolo riesce a essere incisivo e diretto al pubblico. La semplicità scenografica e la durata equilibrata fanno partecipare il pubblico all’emotività dei personaggi, immediatamente e senza attese. La semplicità del linguaggio, inoltre, consente a Lampedusa di parlare a tutti rendendo la pièce empatica e di valore.
Come dimostrato anche dall’accoglienza positiva da parte del numeroso pubblico presente ieri alla prima, l’appuntamento per oggi o per domani è davvero da non perdere.