Fiumi di denaro e un nuovo ciclone giudiziario. La famiglia Genovese al centro di una nuova imponente indagine che coinvolge anche il neo baby deputato appena eletto al Parlamento regionale siciliano con quasi 18.000 preferenze. Riciclaggio ed evasione fiscali i reati ipotizzati nell’avviso di garanzia notificato questa mattina a Luigi Genovese insieme al sequestro di un ingente patrimonio di famiglia, per più di 30 milioni di euro, tra contanti e immobili che l’ormai ex deputato Francantonio Genovese, condannato a 11 anni di reclusione per lo scandalo della formazione professionale in Sicilia, avrebbe cercato di sottrarre al sequestro penale ma anche il fisco con quello che i magistrati della Dda guidata dal procuratore Maurizio de Lucia definiscono una “reiterazione criminale con pervicacia di un piano articolato e strategico”.
Più di venticinque milioni di euro in contanti su un conto intestato ad una società panamense offshore all’istituto di credito Julius Bar di Montecarlo, altri conti all’Unicredit, alla Banca di credito peloritano di Messina, il sequestro della villa di Ganzirri dove la famiglia abita, di alcuni appartamenti tra Roma, Messina e Taormina, le quote societarie della L&A e della Gepa, trasferite al figlio Luigi, il patrimonio al quale la Guardia di Finanza di Messina ha posto i sigilli in esecuzione del provvedimento disposto dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dai sostituti Fabrizio Romeo e Antonio Carchietti con il visto del procuratore De Lucia.
Già negli anni scorsi, le indagini della Guardia di Finanza avevano scoperto l’esistenza di conti all’estero nella disponibilità di Francantonio Genovese e della moglie Chiara Schirò sui quali erano stati movimentati fondi provenienti da evasione fiscale commessa dal padre dell’ex deputato, Luigi Genovese. Una polizza per 16 milioni di euro era stata accesa presso il Credit Suisse, ma poi nel 2015, dopo la condanna di Francantonio Genovese al processo “Corsi d’oro”, l’istituto di credito svizzero aveva fatto sapere che quel cliente era indesiderato e buona parte dei fondi erano stati trasferiti a Montacarlo.
L’anno scorso, con una girandola di movimenti bancari, Genovese era riuscito a far rientrare in Italia parte delle somme per pagare una minima quantità delle sanzioni nel contempo comminate dall’Agenzia delle entrate che vantava un credito di venti milioni di euro. Proprio per mettere al riparo il patrimonio, secondo la Dda di Messina, Francantonio Genovese nel 2016 avrebbe ideato una strategia che prevedeva il trasferimento di denaro a diversi familiari, figli, sorella, nipoti, la compravendita di immobili da alcune società scatole vuote che a lui facevano riferimento e le cui quote sono state cedute, in toto, al figlio Luigi, il neodeputato eletto all’Assemblea Regionale Siciliana tre settimane fa.
Iopo che, a partire dal 2016, al GENOVESE erano stati notificati da parte dell’Agenzia delle Entrate alcuni avvisi di accertamento per oltre 20 milioni di euro derivanti dalla conclusione di verifiche fiscali condotte nei suoi confronti, le indagini hanno messo in luce una complessa attività di ulteriore riciclaggio finalizzata anche a frodare il fisco.
E’ emerso infatti che gli indagati, anche avvalendosi di alcune società a loro riconducibili, hanno posto in essere diverse operazioni immobiliari volte a trasferire ad altri soggetti beni immobili e disponibilità finanziarie in possesso di GENOVESE Francantonio per eludere il possibile sequestro dei 16 milioni provento del riciclaggio e per sottrarsi fraudolentemente al pagamento delle imposte e delle correlative sanzioni amministrative che frattanto venivano ad ammontare a circa 25 milioni di euro.
In tal modo il GENOVESE, nel tentativo di sfuggire all’aggressione patrimoniale nei suoi confronti, si è spogliato di tutto il patrimonio finanziario, immobiliare e mobiliare a lui riconducibile, in via diretta e/o indiretta, per tramite della società schermo GE.FIN. s.r.l. (ora L&A Group s.r.l.) e Ge.Pa. s.r.l., di cui deteneva il 99% ed il 45% delle quote sociali, trasferendolo al figlio Luigi insieme a denaro proveniente dal precedente riciclaggio.
Ulteriori approfondimenti, hanno consentito agli inquirenti di accertare che Genovese, ha di fatto dismesso le proprie partecipazioni societarie attraverso strumentali e complesse operazioni di riorganizzazione del patrimonio sociale delle medesime. Nel dettaglio, ricorrendo alla c.d. tecnica dell’altalena: – dapprima è stata deliberata la riduzione del capitale sociale, al di sotto della soglia di legge prevista dall’art. 2482 ter c.c., delle medesime società per far fronte alle perdite artificiosamente generate dagli stessi indagati; – successivamente è stato disposto il ripianamento delle stesse attraverso un nuovo versamento di capitale a carico dei soci.
In tali circostanze, anziché provvedere in prima persona, nonostante il comprovato possesso di risorse finanziarie, l’indagato ha dichiarato di rinunciare alla qualità di socio per mancanza dei fondi necessari, poche decine di migliaia di euro, per partecipare all’aumento di capitale, permettendo così, ex novo, l’ingresso in società del figlio, GENOVESE Luigi (classe 1996), privo di risorse economiche proprie.
Questo manovre hanno consentito tra l’altro al GENOVESE con la complicità del figlio Luigi di vanificare gli effetti del pignoramento che sulle sue quote era stato effettuato da Riscossione Sicilia. Egli infatti ha partecipato come custode delle quote alle assemblee nelle quali si è deciso di azzerare il valore delle proprie azioni – dell’importo di svariati milioni di euro – e di consentire al figlio Luigi di subentrare – con la sottoscrizione di strumentali aumenti di capitale – nella titolarità piena della società eludendo il pignoramento.
Le finalità illecite delle condotte sono state dimostrate dal fatto che quest’ultimo, ha versato la propria quota di capitale con denaro bonificatogli, nei giorni immediatamente precedenti alle operazioni in argomento, dal padre.
Il decreto di sequestro preventivo è stato notificato oltreché a GENOVESE Francantonio ed alla moglie SCHIRÒ Chiara, anche, al figlio GENOVESE Luigi, alla sorella GENOVESE Rosalia, al nipote LAMPURI Marco accompagnato da informazione di garanzia per i reati di riciclaggio e sottrazione indebita.
L’ammontare complessivo del valore delle aziende, dei conti e degli immobili sequestrati perché considerati profitto ovvero strumento dei reati commessi, supera i 100 milioni di euro e rappresenta il sequestro preventivo più cospicuo mai effettuato dalla Procura dall’Autorità Giudiziaria di Messina.