di Carmelo Catania – Un gruppo di tecnici dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale collaborerà con l’Arpa Sicilia e le amministrazioni locali per individuare “misure di prevenzione specifiche necessarie per la messa in sicurezza della discarica”.
“Una gravosa minaccia che prelude a disastrose conseguenze ambientali ed economiche”.
E’ quanto riporta un rapporto dell’Ispra, redatto a dicembre 2016 su richiesta del ministero dell’Ambiente, menzionato su Il Fatto quotidiano di ieri.
Dallo sversamento di percolato nel vicino torrente Mazzarrà dello scorso aprile, il disastro ambientale annunciato scatenato dalla realizzazione della mega discarica di Tirrenoambiente a Mazzarrà Sant’Andrea, ha occupato le prime pagine dei giornali, quella del giornale di Travaglio è l’ultima in ordine di tempo, con politici di ogni colore a “puntare il dito” e “cavalcare l’onda”, rimpalli di responsabilità e più che probabili omissioni, con la tragica consapevolezza che, per il profitto di pochi, da quasi vent’anni sono state compromesse, forse irrimediabilmente, la salute e l’ambiente di un territorio che un tempo era noto per essere la culla del vivaismo e del turismo di qualità.
Scremata dal battage politico-mediatico, la realtà è che ad oggi, dalla “bocciatura” del sito per mano del dipartimento acque e rifiuti della Regione siciliana che, a seguito di un’ispezione sulle autorizzazioni, aveva disposto la revoca delle autorizzazioni e ordinato a Tirrenoambiente di presentare un progetto di chiusura e messa in sicurezza del sito, e dal sequestro giudiziario ad opera della magistratura, eravamo nel 2014, niente di quanto è previsto dalla legge ed era stato ordinato di fare è stato fatto.
E’ sufficente farsi un giro dalle parti di contrada Zuppà per rendersi conto dell’inesistenza di interventi volti alla messa in sicurezza e chiusura post mortem del sito, a parte un’esile copertura in telo verde, risalente però proprio al periodo del sequestro.
Questo mentre all’interno delle istituzioni si cerca ancora di capire come fare per avviare il processo di chiusura e messa in sicurezza del sito in provincia di Messina.
E così, in sintesi, “la prefettura di Messina ha richiesto l’intervento statale rappresentando la minaccia imminente di danno ambientale generato dallo sversamento di percolato nel corpo idrico limitrofo», il ministero dell’Ambiente chiede chiarimenti al dipartimento regionale Acque e Rifiuti che, per bocca del dirigente generale Gaetano Valastro, in un’intervista rilasciata al quotidiano online MeridioNews, ha confermato che «In relazione al progetto di chiusura presentato nel dicembre 2014 dalla ditta Tirreno Ambiente spa, oggi in liquidazione, si osserva che tale progetto avente un costo di oltre 20 milioni di euro non fu approvato da questa amministrazione regionale in quanto la Tirrenoambiente non ha fornito tutti gli elementi richiesti per definire l’istruttoria e, pertanto, la ditta rimane inadempiente alle disposizioni di legge non consentendo la chiusura della discarica e il passaggio alla fase post operativa”.
Valastro inoltre ha evidenziato come il dipartimento abbia più volte sollecitato “la Tirrenoambiente a fornire tutti i dati necessari alla quantificazione dei costi per gli interventi senza avere un compiuto riscontro alle suddette richieste”, mentre dal fronte della proprietà, il commissario liquidatore della ditta che “ha chiesto di fare specifiche riunioni per definire ogni singola richiesta da parte del dipartimento” anche se, sottolinea Valastro, “allo stato attuale è stata trasmessa la sola documentazione tecnica e un progetto per mitigare la produzione di percolato”.
Metterla in sicurezza costa, secondo l’Ispra, oltre 116 milioni di euro. Solo di multa, la Tirrenoambiente dovrebbe pagare 3 mila euro al giorno “per 846 giorni alla data del 20 dicembre 2016”. Totale: 2,5 milioni di euro,senza contare le centinaia di migliaia di euro per lo smaltimento in emergenza del percolato che in questi ultimi mesi la Regione siciliana ha anticipato, in sostituzione della inadempiente Tirrenoambiente.
Chi pagherà alla fine?
Il Fatto riporta l’intenzione del ministero di costituirsi parte civile in un nuovo processo a carico dell’ex amministratore delegato di Tirrenoambiente Pino Innocenti, l’11 gennaio prossimo si terrà l’udienza preliminare.