Claudio Fava, candidato alla Presidenza della Regione Sicilia, ha concluso un lungo weekend elettorale messinese. Uno stile diverso dagli altri candidati, preferendo incontrare associazioni e movimenti li dove agiscono quotidianamente, come nel caso di Gigliopoli, la città dei bambini spensierati” a Milazzo, visitando “il giardino dei giusti” in cui sono stati piantati 13 alberi in onore di vittime della mafia tra cui il padre Pippo Fava.
Anche alla Chiesa di Santa Maria Alemanna l’occasione è stata proficua per conoscere diverse realtà cittadine impegnate sui temi dei diritti, compreso l’Arcigay messinese.
Ma di Fava si parla soprattutto per smontare i sondaggi che lo vedono in corsa accanto ai Cinquestelle, con un Pd inchiodato ad un accordo centrista che in Sicilia ha indebolito la sinistra renziana e rafforzato la destra berlusconiana.
E Fava, non perdendo il piglio giornalistico, è anche alla stampa che si rivolge commentando gli ultimi giorni di cronache:
“Perché il più autorevole editorialista del più autorevole quotidiano italiano (Paolo Mieli, Corriere della Sera) ci dedica un lungo editoriale parlando della mia candidatura in Sicilia come d’una scelta di marginalità, di pura testimonianza delle sinistra, di sua immaturità politica? Perché il più acuto e garbato opinionista (Michele Serra, Repubblica) racconta questa candidatura e le forze che la sostengono come “una sinistra da tabernacolo”, irrilevante e dunque supponente? Perché quando più sondaggi (quelli veri) confermano invece che forse avevamo ragione, che questa candidatura ha triplicato in una settimana i consensi, che sembra preferita nell’opinione dei siciliani alle scelte d’apparato del PD, perché adesso opinionisti & editorialisti tacciono? Perché non danno la buona notizia, cioè l’esistenza in Sicilia (perfino in Sicilia) di un voto ancora libero, non oppresso da appartenenze e da obbedienze? Perché non riconoscono con umiltà che hanno sbagliato a fidarsi dei luoghi comuni sparsi a piene mani da chi vorrebbe trasformare il voto siciliano nel battesimo del partito della nazione per seppellire per sempre ogni voce a sinistra? Perché?
Forse perché una vittoria della destra siciliana, una destra d’affari berlusconiana, prevedibile e collaudata, per taluni è un pedaggio meno pesante che l’affermazione di un candidato che non ha alle spalle ceto politico e politburi romani. Forse scoprire che esiste ancora (in Sicilia e in Italia) un voto libero, d’opinione e non d’abitudine, non è per tutti una buona notizia. Magari lasciare le cose come stanno sembra la via meno sdrucciolevole: pensate che complicazione a Roma se in Sicilia riuscissimo a dimostrare che si può vincere senza riempire le liste e i comizi con gli assessori di Cuffaro, Lombardo e Crocetta! Pensate quante spiegazioni da dare, quante verità da rivedere, quanti ironie da ripensare…
A proposito. Anche il governatore Rosario Crocetta, buon alleato del Magnifico Rettore, è andato in pellegrinaggio a Catania a casa dell’imputato (per concorso esterno in associazione mafiosa) Mario Ciancio. Anche lui ha poi spiegato, tra una foto ricordo e una tartina al salmone, che era solo una visita di cortesia in occasione di una generosa intervista che gli è stata concessa. Anche Crocetta, come Micari prima di lui, ha da tempo smesso di credere in una politica in cui il senso delle proprie parole si misura anche sulla coerenza dei propri comportamenti.
E a me viene da farmi una domanda: non è che il livore di certi editoriali dipenda anche da certe nostre pignole sottolineature? Non è che, in fondo, qualcuno preferisce i candidati presidenti che vanno a rendere omaggio a Ciancio e agli altri potenti dell’isola (e della nazione), senza star lì a rimestare obiezioni di coscienza? Su, Fava, un po’ di leggerezza, in fondo siamo tutti sulla stessa barca…
O no?”