di Sergio Di Prima – Nella città di Mata e Grifone era naturale che nascessero il bianco-e-nero, la pignolata, e soprattutto la granita caffè con panna. Forse non è neppure un caso che la prima divisa ufficiale della squadra di calcio, il Messina, sia bianca (certo, provvista dello scudo cittadino) coi pantaloncini neri.
La granita caffè con panna non è semplicemente un prodotto dolciario di successo. È una commistione tra emblema identitario e ascesa in paradiso. Non so chi sia stato il primo a comporla, illuminandosi nell’accoppiare i due elementi che da sempre si cercavano. Ma dubito che in quel momento realizzasse di aver creato un prodigio destinato ad assurgere al rango di mito.
Commistione è il termine giusto per dissertare del nostro oggetto. Perché la granita con panna, naturalmente, va mescolata. Altrove, nel resto della Sicilia, non è proprio possibile. Granita dura, “filologicamente” granitica: non è cosa. Non ci si mette nemmeno la panna sopra: quale panna? Fuori da Messina non è mai zuccherata abbastanza, forse non lo è per nulla.
La granita messinese è morbida. Il suo tessuto è compatto alla vista ma penetrabile, sondabile, dolcemente squaglievole. Ideale per zapparci, anzi: zupparci dentro. La granita messinese è fatta apposta per essere mischiata.
Esiste un’altra scuola di pensiero, sì. Quella di coloro che la mezza con panna non la mischiano. Rispetto per la loro libertà individuale. E pietà per loro.
Ma come si mischia una granita? E quando si mischia?
A mio parere, per raggiungere il risultato di massima delizia, è bene seguire una particolare e studiata procedura, o se si preferisce rituale. Ma facciamo qualche passo indietro.
Presentazione
Per prima cosa, la granita caffè con panna deve essere rigorosamente servita in un bicchiere tradizionale da granita, che abbia cioè la circonferenza più stretta alla base e più larga sopra, con una leggera curvatura nella parte superiore. Rifiutate la granita che vi sia presentata in bicchieri di forma cilindrica.
Secondo elemento fondamentale: la mezza con panna ha da essere mezza con panna. Non conosco l’esatta etimologia del sintagma; ma sono certo che una “mezza caffè con panna” debba consistere di metà granita caffè e metà panna. Essendo il bicchiere ideale più capiente nella parte alta, è accettabile che la linea divisoria tra granita-caffè e panna non cada esattamente alla sua metà, ma leggermente più su. Per quanto mi riguarda, sono da respingere le versioni – ahimè imperanti – dove la misura della granita caffè risulta di due terzi o più, mentre quella della panna a malapena raggiunge un terzo del bicchiere.
Ma ecco che approdano al vostro tavolo i beni attesi: la caffè con panna e la brioche… pardon: la brioscia. Si capisce: non vorrete mica privare la vostra prelibatezza del suo irrinunciabile accompagnamento, brunamente lucido e tondeggiante.
Delibazione
Quella che segue è la descrizione di come io, figlio di Messina, amo delibare questo ricettacolo di felicità. Nessuna pretesa di imporre la mia procedura a chicchessia: solo la certezza di potervi dimostrare come e perché detto metodo sia il migliore.
Si comincia – quando la mezza con panna è ancora intatta, appena servita – con uno o due cucchiaini raccolti dalla panna bianca, pura poesia. Ah la dolcezza che dal palato arriva sino al cuore!
Poi sarà d’uopo staccare il cappuccio – ma si dica la coppola – della brioscia, dividerlo in due o tre pezzi, e inzuppare il primo nella panna. Quindi anche l’altro, e l’eventuale ultimo. Il sapore genuino di questa morbida delizia da forno intinta di panna ha già reso splendido il nostro giorno.
A questo punto si proceda al nobile officio della mischiatura.
È il momento di superare quel pudore che ci vieta di contaminare il niveo candore. Appoggiamo dunque il cucchiaino sul manto di panna, al centro, e assestiamo due o tre zappate verticali, più o meno decise: riemergendo, le prime chiazze color caffè chiaro appariranno. Inabissiamo ora la nostra arma con movimento spiraliforme, lasciandole descrivere un vortice caffè nel bianco. Proseguiamo, e le spire si amplieranno, morbide volute di una danza estatica. Rendiamo il moto più confuso; impastiamo.
È naturale: ognuno mesce quanto desidera. Si può mischiare moderatamente e senza immergere eccessivamente il cucchiaino, elaborando un impasto più denso e latteo, dal colore simile a quello di un cappuccino chiaro; oppure si può miscelare più a lungo e fino a toccare ripetutamente il fondo, producendo un miscuglio sostanzialmente liquido e di un beige più scuro.
La mia soluzione, accuratamente ponderata, è una via mediana. Il mescolamento deve essere sinuoso, non troppo delicato e nemmeno brusco. È opportuno procedere senza mai far toccare al cucchiaino il fondo del bicchiere, adoperando il vigore e il tempo necessari a far sì che l’impasto divenga perfettamente cremoso. Né troppo denso, né liquefatto; fluido ma sostanzioso quanto basta. Il cucchiaino dovrà affondare fino a circa 3/4 del bicchiere (il che, lo ammetto, non è facile, perché non si può fare a occhio… ma un vero amante della mezza con panna saprà regolarsi).
Esiste un parametro infallibile per realizzare il grado ideale di cremosità (e sapore). Ce lo offre la città, nella quale il nostro bene amato si specchia. La perfetta mischiatura della mezza con panna si raggiunge quando l’impasto assume il colore della facciata del Duomo di Messina. A quel punto è lecito deporre il cucchiaino, e proseguire tuffando nuovi pezzi di brioche nella sublime pastura, ora perfetta e insuperabile. Ma no, riprendete quel cucchiaino: come potete rinunciare a introdurlo nel fatato miscuglio, indescrivibilmente cremoso-dolce-fresco-vellutato? Assaporate. È questa la colazione degli dei.
Inzuppate ancora la brioscia, pezzo a pezzo. Il livello della granita (sì, anche la granita mischiata alla panna da noi si chiama “granita”) andrà discendendo inesorabilmente. È come la vita che passa. Ma l’estasi del gusto vi impedirà di farvi attanagliare dalla tristezza. Il tempo della consumazione di una mezza con panna – scandito tra occhi, bicchiere, mani, cucchiaino, lingua, pezzi di brioche e palato – può essere beatamente lungo e meditato. Scorrendo i minuti, la miscela da cremosa si farà più fluida e “sbrodolosa”.
Alla fine, se (come prescritto) si sarà mischiato senza raggiungere la massima profondità, rimarrà un dito o due di granita caffè incontaminata, ormai quasi liquefatta, per finire in bellezza.
Non vi resta, al limite, che leccare l’orlo del bicchiere, ornato da residui di panna.
Osservando il sopraesposto metodo, sarà stato possibile gustare, in successione: 1) panna fresca bianca e dolce da sola; 2) divino impasto di granita-caffè & panna in tutta la sua infinita bontà e bellezza; 3) granita caffè da sola, col suo gusto fresco, intenso, rigenerante.
La regola fondamentale, gira e rigira, è quella: che la pregevole mistura assuma il colore della facciata del Duomo. Più esattamente della metà superiore della facciata; quella inferiore ha dei graziosi riflessi rosa che potranno eventualmente tornare utili nel caso si mescoli una granita fragola e panna. È incredibile come i padri fondatori della Basilica – oggi ricostruita fedelmente all’originale – abbiano pensato anche a questo.
Doppia brioscia?
Una mezza con panna può sfamare l’appetito: non la voglia di granita.
Per ingannare il palato – la mente sognante più che lo stomaco indaffarato – può essere utile accompagnare l’amato bicchiere non con una, ma con due briosce. Roba di gioventù: non nego, un tempo, di aver ceduto a questa esuberanza. La seconda brioche verrà quasi per certo terminata mestamente a bicchiere ormai prosciugato: e sarà un peccato.
Una mattina, a un mio amico titubante nell’ordinazione, un noto granitaio indagò quale fosse il problema. Con incauta sincerità, l’amico manifestò la sua indecisione nell’indulgere o meno al doppio accompagnamento. Ammannendo senza soverchie cerimonie le due briosce col bicchiere ripieno, il pragmatico esercente emise la sua implacabile sentenza: “Tè ccà. Si à mmòriri, ammenu mori c’a panza china”.
Oratorio
Madonnina di Messina, perdona coloro che mischiano troppo la mezza con panna: scura e caffettosa sarà la loro mescidanza, troppo liquida e squacquericcia.
Madonnina di Messina, perdona coloro che mischiano troppo poco: pallida e pannosa sarà la loro mescidanza; che si prendano un tiramisù.
Madonnina di Messina, ascolta: perdona coloro che non mischiano, perché non sanno quello che non fanno. Grande è la tua misericordia. Ignari loro, tapini e poveri di fantasia: non sarà loro il regno dei cieli delle papille gustative.
Beati nel settimo cielo di Dinnammare coloro che mischiano con cura e misura, fino a impastare la facciata del Duomo: ivi benedetti, cavalieri della mezza con panna siano consacrati.
Amen.