“E’ una grande sciagura per questo paese la ‘presunta’ giustizia. Il compito di chi l’amministra è quello di accertare la verità. Ma questa è solo un’opinione comune . E’ pur vero che i magistrati , in quanto uomini, possono anche sbagliare, visto che interpretano la legge, a la ricostruzione della verità può esserci solo se certe procedure vengono effettuate, ed essa non può prescindere dalla trasparenza e dall’umiltà d’animo nel’applicare la legge, soprattutto in processi in cui l’accusa è di omicidio colposo e relativi alla morte di vite innocenti, vite spezzate”. A dirlo in una nota Raffaella Ingrassia mamma di Leo e Christian Maugeri di 21 e 22 anni,morti durante l’alluvione di Giampilieri del 2009 dopo l’assoluzione di tutti gli imputati nel processo di appello a Messina.
“Per otto anni – prosegue Ingrassia – non sono mai mancata a nessuna udienza di questo ‘maledetto’ processo perché chi prova il dolore insanabile per la perdita dei propri figli uccisi per mano di altri, sa che non può vivere senza il legittimo bisogno di vedere puniti i colpevoli. Per otto anni ho creduto fermamente che sarebbe stato punito chi avesse avuto colpa pagando i suoi errori. E cosa ho visto? Dapprima ho assistito all’assoluzione di alcuni imputati, precedentemente indagati e accusati dall’ufficio della procura e poi magicamente assolti, e alla condanna di sue sole persone in primo grado. Infine, a conclusione di questo processo d’appello, vedo assolte anche queste due. Quindi devo credere anch’io che è stata solo una calamità naturale, cosicché ‘posso accettare meglio la morte dei miei figli’ come mi è stato detto da qualcuno con cuore contrito”.
Ingrassia si sofferma poi sulla precedente alluvione del 2007 a Giampilieri che ha provocato ingenti danni e doveva essere da avvertimento per gli organi competenti alla messa in sicurezza e aggiunge: “Certamente l’alluvione del 2007, allora, non è esistita. Come non sono mai esistite le somme di denaro stanziate e andate chissà dove, dopo quella alluvione. E’ stato normale che siano avvenute omissioni di vari soggetti ed enti competenti anche ai più alti livelli, che nel corso degli anni non hanno effettuato adeguate valutazioni tecniche, per consentire la messa in sicurezza del territorio, nonché interventi e controlli. Come è stata anche “normale” l’assenza di un medico legale durante il ritrovamento dei corpi, così come giusta e logica è stata la lodevole superficialità con cui è stato trattato un processo di gravità così estrema, mimetizzato in un processo di ordinaria importanza.
L’importanza che bisognava dare a questo processo sarebbe servita anche da lezione per chi svolge un lavoro da cui dipendono parecchie vite, non solo a livello regionale ma anche nazionale. Non è accettabile che lavori di responsabilità si trasformino in nulla. Tutto ciò mi da conferma che la morte dei miei figli è stata inutile. A tutti gli effetti mi sento una vittima del sistema e so per certo che è lo Stato ad essere in debito con me. Un debito che non riuscirà mai a saldare. Alla luce di ciò, come cittadina italiana, ritengo che al di là delle risapute lungaggini della nostra giustizia, esiste una precisa volontà politica di non farla funzionare come dovrebbe. E quindi c’è da avere paura a vivere in questo paese dove vige una giustizia ingiusta e l’unico modo per credere in essa e non averci mai a che fare”.
“E’ agghiacciante – conclude Ingrassia – l’assenza di speranza in una giustizia leale. La giustizia è un diritto e un dovere. Risiede dentro ognuno di noi e urla dentro di me. Urla la disumanità di una giustizia ‘mascherata’ che ha ucciso per la seconda volta i miei figli. Come madre, invece, recisa nel mio diritto di esserla, dico a chiunque abbia colpa di ciò e sente la gioia dell’assoluzione data da un giudice che non è Dio, di ricordarsi sempre di me e, soprattutto, quando gioiranno di qualunque tappa e successo dei propri figli di avere impressa nella loro coscienza, se esiste, ciò che hanno tolto a me”.