“La ragione principale per la quale mi trovo qui oggi sono gli studenti. Anche loro hanno, ormai, compreso che abbiamo un sistema di giustizia che non funziona”. Ha esordito così il procuratore aggiunto Sebastiano Ardita, magistrato antimafia che oggi, nel giorno della memoria per la strage di Via D’amelio, è stato ospite dell’università di Messina, dove si è svolto, nel giardino del Dipartimento di Scienze Politiche e Giuridiche, un incontro su “Magistratura e Politica”.
L’iniziativa è stata promossa, dal dipartimento SCIPOG e dal Centro Studi e Ricerche sulla criminalità mafiosa e sui fenomeni di corruzione politico-amministrativa, nel giorno in cui ricorre il 25° anniversario dell’attentato in cui persero la vita il magistrato Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta (Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina).
Il tema dell’evento, motivo di riflessione sia per gli studenti che per i docenti Unime, è stato introdotto dai numerosi riferimenti offerti dal volume “Giustizialisti. Così la politica lega le mani alla magistratura”, scritto a quattro mani dal procuratore Sebastiano Ardita, e dall’ex Presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Piercamillo Davigo.
“Chi si rivolge alla giustizia non è contento e, incontrovertibilmente, si tratta di un dato pacifico che non necessita di giri di parole. La magistratura – ha dichiarato Ardita – nell’ultimo periodo, è doppiamente indebolita, dalla percezione dell’opinione pubblica, che vede il processo non funzionare, e da interventi legislativi ed attività di ingolfamento sistemico della sentenza, che allungano i tempi giudiziari generando ridondanza ed un surplus di lavoro per i magistrati. Nella società odierna vigono élite che gestiscono tutto in maniera concorde e, in questo contesto, i magistrati devono essere soggetti sempre attingibili dal più alto senso di giustizia, senza essere intercettabili da correnti o esponenti di prestigio. Diversamente il cittadino non ha appigli. Per far comprendere il messaggio agli studenti – conclude – faccio l’esempio dell’Ilva di Taranto, vicenda contraddistinta da notevoli interessi: tutti vogliono la produzione, anche a costo di morti. Il magistrato, in questo come in altri casi, resta l’ultimo baluardo. Se la magistratura risponde solo agli imput di aziende o fattori associabili a realtà di potere, allora, noi abbiamo finito di avere senso. Dove troviamo collegamenti oscuri dobbiamo agire per la trasparenza”.
“Giustizialisti – hanno commentato all’unanimità i proff. Moschella e Chiara e l’avv. Calamoneri – è un volume intelligente capace di trasmettere con semplicità le criticità del sistema giudiziario e l’importanza inderogabile di un suo snellimento”.
“L’iniziativa di oggi – hanno chiosato i docenti – ha rappresentato un momento importante per gli allievi Unime per un accrescimento delle loro conoscenze sull’attualità e del loro percorso di studi”.