A Messina si parla tanto di Acr e “Celeste”, quasi a voler esorcizzare problemi ben più pressanti. Ecco l’opinione di Giovanni Carabellò, grande esperto di carte federali e non solo.
“Nel momento in cui con virulenza (in un commento sui social c’è chi parla addirittura di terrorismo) viene proposto all’attenzione di noi cittadini l’argomento “Celeste” vorrei in qualche modo contribuire a questo dibattito. Quella che, molto incautamente, viene chiamata riqualificazione dello storico impianto di via Oreto vorrebbe farsi apparire come quasi unica salvezza per una società da sempre agonizzante. La mia personale opinione sul punto è che, in un mondo in cui tutto va avanti e in cui anche le novità più sorprendenti rischiano di durare lo spazio di un mattino, non si possa e non si debba mai tornare indietro. Messina ha già un impianto, costato una cifra impressionante ed ultimato dopo oltre 20 anni dalla sua ideazione, nato solo per il calcio e dove sono state scritte pagine di storie almeno altrettanto importanti e coinvolgenti di quelle vissute al Celeste dove, tra l’altro, in uno strano ed assordante silenzio, sono state apportate di recente modifiche strutturali nell’area spogliatoi in un modo che non sembra aderente alle norme di legge e a quelle della convenzione che ne doveva regolare l’uso (e pare che anche qui ci sia un’inchiesta della magistratura).
Il Celeste dal punto di vista calcistico è la preistoria mentre potrebbe essere un asset importante per l’asfittica economia locale e, conseguentemente, per le dissestate finanze comunali che potrebbero, finalmente, liberarsi anche del carico non certamente lieve da sempre rappresentato dalle varie utenze. La municipalità ha esigenza o di mettere a reddito un asset come questo o di cederlo al migliore offerente, non solo dal punto di vista economico ma anche qualitativo, laddove la qualità andrebbe individuata sulle opere da realizzare al servizio della collettività ed all’effettiva riqualificazione di un area davvero importante posta già ora al centro della città.
Chi ha risorse o dice di averle o di potersele procurare indebitandosi ulteriormente potrebbe (ma io dico dovrebbe) ben destinarle, in regime di convenzione o altro, a migliorie sul nuovo stadio “Franco Scoglio” che sul punto, sembra fatto apposta per far sbizzarrire la fantasia di tanti addetti ai lavori. Del resto le società di calcio, ad ogni latitudine, sono da tempo realtà cui il pubblico non può più destinare attività assistenziali o rinunciare alla giusta remunerazione per quanto richiesto in uso. Credo ci venga in soccorso l’esempio di Bergamo dove recentemente è stato venduto l’impianto principale “Azzurri d’Italia”. Lo si è fatto attraverso una gara di evidenza pubblica cui ha partecipato anche l’Albinoleffe, società di Legapro, indebitata per oltre un milione ed ottocentomila euro solo nei confronti della consorella Atalanta, club di serie A, che, alla fine, è riuscita ad aggiudicarsi lo stadio per una cifra vicina agli otto milioni di euro.
Ma vi è di più: credo che chiunque tra i privati volesse intrattenere rapporti con le amministrazioni pubbliche deve farlo in piena trasparenza e fornendo correttamente tutte le informazioni utili alla normale istruzione delle richieste avanzate.
Nel caso di ACR Messina proprio qualche giorno fa, in una prestigiosa location all’interno del Gran Mirci, si è voluto far sapere al mondo che la massa debitoria è andata via, via crescendo fino a raggiungere quasi i tre milioni di euro. Non essendo stato specificato altro, si potrebbe intendere che a nulla si è fatto fronte, frattanto, dopo che si è perfezionata la trattativa per l’acquisizione della società.
Società che, tra l’altro, nel chiudere il bilancio al 31/12/2015 vi aveva mantenuto una massa creditoria già all’epoca manifestatasi come inesistente (vd. Il Bagaglino) e che, pertanto, potrebbe aver maturato una più che consistente perdita di periodo. A questo punto i soci avrebbero dovuto riversare “senza indugio” nelle casse sociali una massa di danaro superiore almeno al milione di euro con la quale era lecito attendersi lo smobilizzo, al minimo, delle situazioni debitorie più spinose.
Ed invece, pare che, per indurre un noto legale bolognese a ritirare un’istanza di fallimento con udienza già fissata, il cospicuo debito sia stato solo rateizzato in tre anni con il risultato che continuerà a pesare sul bilancio in formazione. Di confortante c’è che, a seguito di ciò, dovrebbe essere già stata avviata l’istruttoria prefallimentare con una seria indagine dell’Ufficio del Pubblico Ministero.
La qualcosa dovrebbe almeno comportare una seria pulizia del bilancio societario con, conseguenti, finalmente importanti, versamenti dei soci in conto capitale. Ecco che, almeno da un certo punto di vista, potrebbero cominciare ad intravedersi le condizioni minime per proporre qualcosa all’Amministrazione sempre senza escludere, almeno in partenza, altri potenziali concorrenti.
Tutti si ha bisogno di certezze (anche e soprattutto sulle squallide vicende legate al mondo delle scommesse dove per forza di cose non può essere, se mai lo fosse, Arturino Di Napoli l’unico colpevole di rilievo) ma, da quello che è stato fatto confusamente trasparire, al momento non vi sarebbero garanzie definitive perfino sull’iscrizione al prossimo campionato. Siamo d’accordo allora che, davanti a problematiche di tale portata, tutto deve essere adeguatamente soppesato salvaguardando al massimo il “Franco Scoglio” (anche per il rispetto dovuto ad un emblema della messinesità) e con esso la Città intera?”