Il pubblico di Capo d’Orlando merita 10 per aver portato alla ribalta nazionale la vicenda del finanziere assassino della povera Lorena, mandato ai domiciliari in una comunità protetta con notizia tenuta segreta per sei mesi per evitare lo sputtanamento.
“Giustizia per Lorena” e “L’ennesima sentenza lo ha dimostrato, per lo Stato uccidere non è reato”. Il popolo paladino conosce pochissimo il Palagiustizia di Messina se non per la Corte d’Appello e la Corte d’Assise.
Scopre che è un porcaio solo quando la giustizia la si rincorre in secondo grado dopo la pronunzia di Patti,tribunale di competenza. Neppure ricorda quel disperato che perse un bimbo in carrozzina e che tentò il suicidio- dalla balaustra interna del tribunale- dopo che il giudice d’appello fissò al 2019 l’udienza risarcitoria contro la Zurich Assicurazioni.
Ovviamente, non sa di un presidente di Corte d’Appello che tentò di sfuggire a un pappa a Maregrosso e finì in quel monumento all’illegalità che era ed è l’ospedale Piemonte: bene, l’episodio è stato intestato a un giovane romeno, il verbale del 118 è stato mangiato da un topo e l’intervento operatorio sul giudice, oggi pensionato di lusso, non è rintracciabile perché “azzerato” dai computer del Piemonte.
E ci sarebbero centinaia e centinaia di episodi etichettabili come applicazione del codice peloritano, alternativa a quello vigente in Italia. Adesso tocca a Capo d’Orlando tener vivo il ricordo di Lorena. E, magari, anche a Pina Cassaniti Mastrojeni, presidentessa dell’Associazione Familiari Vittime della Strada.
Se poi qualche deputato pentastellato tipo D’Uva – che è ormai paladino di vissuto- volesse chieder conto al governo, non sarebbe poi male. (@Gianfranco Pensavalli)