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Marta Russo? No, la vittima predestinata era una ragazza messinese, ci fu uno scambio di persona. Si tratta di una persona che si presentò agli inquirenti romani allarmata: disse di vivere sotto protezione e di aver dovuto lasciare lo Stretto per Roma, dove studiava alla Sapienza e aveva ricevuto minacce di morte. Era bionda, proprio come Marta Russo. La ricostruzione è del giornalista Vittorio Pezzuto, che con un libro coraggioso ripercorre quella tragica storia e mostra pagina dopo pagina come sia stata costruita una verità di comodo. Il libro si intitola Marta Russo. Di sicuro c’è solo che è morta. Una frase giù utilizzata per l’omicidio di Salvatore Giuliano. (https://www.amazon.it/MARTA-RUSSO-sicuro-solo-morta/dp/1545132348/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1493973264&sr=8-1&keywords=marta+russo)Ma c’è un’altra particolarità: queste seicento pagine di controinchiesta non le ha volute pubblicare nessuno. Con la scusa che Marta non interessava più o per paura di ritorsioni giudiziarie. Eppure il libro è ben costruito e ben scritto. Se lo si comincia non lo si lascia fino alla fine. E allora Pezzuto si è autopubblicato su Amazon.
E’ il 9 maggio del 1997 e Marta Russo, studentessa ventiduenne di Giurisprudenza dell’Università di Roma La Sapienza, venne raggiunta da una pallottola calibro 22 alla testa mentre camminava lungo un vialetto della Facoltà. Morì 4 giorni dopo. Il caso (giudiziario e mediatico) si chiuse nel 2003 con la condanna a 5 anni e 4 mesi per omicidio colposo per il dottorando di filosofia del diritto Giovanni Scattone e a 4 anni e 2 mesi per favoreggiamento per il collega Salvatore Ferraro. (@G.Pensavalli)
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