Dopo la sentenza assolutoria al processo del Tribunale di Barcellona contro i titolari della società proponente e i progettisti del Parco commerciale di contrada Siena, non si fanno attendere le reazioni di chi in questi anni si è speso per contrastare il progetto e l’idea di sviluppo di cui è emblema. E mentre ci si domanda se la decisione del tribunale fa crollare un teorema o un grande abbaglio, di certo non mancano le polemiche. Di certo il prossimo 17 maggio scatta la prescrizione e quindi sarebbe inutile appellarsi.
“Dopo tre anni – si legge in un comunicato delle associazioni antimafia – la prima udienza è datata 2 maggio 2014, il processo per il Piano particolareggiato del Parco commerciale di contrada Siena a Barcellona Pozzo di Gotto si è concluso in maniera favorevole per gli imputati al termine di una lunga requisitoria, da parte del sostituto procuratore Alessandro Liprino, che aveva ereditato il processo dal collega Francesco Massara, nonostante le 13 richieste di condanna e il riconoscimento da parte della Procura della validità dell’esposto depositato dalla nostra Associazione e dall’Associazione Città Aperta. Attendiamo di leggere le motivazioni prima di rilasciare ulteriori commenti”.
“Chi pensa che la sentenza di oggi cambi qualcosa nella battaglia, iniziata anni fa col supporto di altre associazioni e gruppi della societa civile, contro la realizzazione del parco commerciale in Contrada Siena, si sbaglia di grosso. – commenta l’ex sindaco Maria Teresa Collica – Non tanto perché si tratta di una sentenza di primo grado, in teoria appellabile se non fosse per l’imminente prescrizione (dato comunque rilevante), quanto perché a motivare l’esposto è stata una ragione che prescinde dalla vicenda processuale, che avrebbe potuto anche mai celebrarsi. Il valore dell’esposto che presentammo sta sì nell’aver consentito alle autorità competenti di verificare se nei fatti descritti potessero riscontrarsi anche elementi di rilevanza penale, ma soprattutto nell’aver evidenziato l’inopportunità della realizzazione di una mega struttura commerciale con chi oggi in maniera definitiva è stato riconosciuto membro dell’associazione mafiosa, sia pure a tempo (con sentenza irrevocabile ciò è stato confermato fino al 1993). Che ci sia perciò chi grida allo scandalo davanti all’esito di questa sentenza è davvero ingiusto. Si muove l’accusa di aver bloccato un processo di sviluppo economico che senza il Nostro intervento sarebbe già avvenuto e che avrebbe regalato centinaia di posti di lavoro. E questa accusa è del tutto falsa. Il processo penale che si è celebrato infatti non ha bloccato proprio nulla. L’iter è stato semmai fermato da un ricorso amministrativo presentato da uno dei controinteressati alla realizzazione del parco, ricorso che è stato accolto. Quanto allo sviluppo mancato, si tratta di punti di vista.
Il Nostro probabilmente sarà minoritario, anche se sempre più supportato da dati tecnici, ed è legato ad una visione diversa di sviluppo. Probabilmente per difendere idee come questa – continua la Collica – (per la loro impopolarità) ricoprirò difficilmente ancora ruoli istituzionali, ma sono contenta di aver provato a difendere il mio territorio da una operazione di dubbia valenza. Sono contenta perché convinta che il vero sviluppo debba avere altri presupposti e possa avvenire in altri settori e in altro modo. Sono contenta di avere trovato accanto a me persone fantastiche e associazioni attive e impegnate.
Sono contenta di aver in ogni mio comportamento voluto ribadire che le scelte politiche devono farsi guidare anche da ragioni di mera opportunità e non trincerarsi dietro motivazioni che costituiscono spesso solo comodi alibi. Me lo ha insegnato un tizio di nome Paolo, che un giorno subì l’attacco da parte di una delle penne migliori di questa terra: Leonardo Sciascia. Questo lo ricordano tutti, quello che non aggiungono mai è che successivamente Sciascia chiese scusa. Perciò quanto è accaduto oggi non toglie nulla a ciò che è stato fatto e nulla a ciò che si farà”.
“Nessun commento sulla sentenza del tribunale di Barcellona sull’affaire del parco commerciale di rosario cattafi & soci – dichiara il giornalista Antonio Mazzeo – posso comprendere i festeggiamenti dei vecchi e nuovi padroni del Longano, ma manifesto tuttavia la mia indignazione per i falsi “garantismi” e le esternazioni di alcuni personaggi che oggi utilizzano l’assoluzione degli imputati per infangare chi ha messo la faccia e il cuore contro il dissennato progetto di cui sono onorato di aver contribuito ad affossare. Per questo rispondiamo in sede civile con una richiesta danni per due milioni di euro da parte di Cattafi, familiari e progettisti.
E’ il costo di chi l’antimafia sa di averla fatta davvero, un ringraziamento e la mia stima all’associazione antimafie “Rita Atria”, parte civile al processo e ai suoi legali”.