Una nuova tegola per il discusso Monsignor Calogero La Piana, ex vescovo di Messina, e accusato di truffa per una vicenda che riguarda la sua permanenza a Mazara del Vallo. La truffa sarebbe consistita nel richiedere alla Regione siciliana il contributo per la realizzazione dell’opera che era già stata finanziata dalla Cei con quasi un milione e mezzo di euro dell’8 per mille. Una chiesa a Mazara del Vallo da realizzare in cinque anni di lavoro, con tre milioni e 500 mila euro tra fondi della Cei e contributi regionali.
Nell’avviso di conclusione d’indagini – come scrive Alessandra Ziniti su La Repubblica –vengono contestati i reati di truffa e di abuso d’ufficio al vescovo Domenico Mogavero, già indagato per appropriazione indebita da più di un anno per presunti ammanchi milionari e per un utilizzo improprio dei fondi dell’8 per mille andati alla Curia. Ma la nuova ipotesi di reato, è contestata anche al predecessore di Mogavero, monsignor Calogero La Piana, che è stato vescovo di Mazara dal 2002 al 2006 prima di approdare a Messina. Un’opera “avveniristica” per il quartiere Trasmazzaro-Miragliano, una cattedrale nel deserto di una “zona espansione” di Mazara del Vallo priva di vere e proprie opere di urbanizzazione. Cinque anni di lavoro, tre milioni di euro tra fondi della Cei e contributi regionali, 500.000 euro dei quali sarebbero finiti altrove. Una truffa secondo i pm di Marsala che, adesso, contestano anche questo reato e l’abuso d’ufficio al vescovo Domenico Mogavero, già indagato per appropriazione indebita da più di un anno per presunti ammanchi milionari e per un utilizzo improprio dei fondi dell’8 per mille andati alla Curia.
La nuova ipotesi di reato, contestata anche al predecessore di Mogavero, monsignor Calogero La Piana, vescovo di Mazara dal 2002 al 2006 prima di essere spostato a Messina, all’architetto Francesco Scarpitta e all’ingegnere Bartolomeo Fontana che hanno curato il progetto e la realizzazione della chiesa, è contenuta nell’avviso di conclusione delle indagini, come scrive questa mattina Alessandra Ziniti su la Repubblica, che è stato notificato a tutti gli indagati a firma del sostituto procuratore Antonella Trainito. “Non ho nulla da dire, sto cercando di capire, di valutare elementi di carattere tecnico contenuti in questo provvedimento della magistratura che è appena arrivato”, si limita a dire monsignor Mogavero che, assistito dagli avvocati Nino Caleca e Stefano Pellegrino, nei prossimi giorni chiederà di essere interrogato dalla pm Trainito. Otto in tutto gli indagati e tra questi anche l’ex economo della Curia don Franco Caruso, Antonino Gaudente e Gaetano Stradella, titolari delle ditte incaricate della realizzazione della chiesa.
Costruita su un terreno acquistato dalla diocesi negli anni Novanta quando era vescovo monsignor Emanuele Catarinicchia, il contributo alla Cei fu chiesto da monsignor La Piana e la parrocchia di San Lorenzo fu costruita dal 2007 al 2011 e inaugurata da monsignor Mogavero nel 2012.
La truffa sarebbe consistita nel richiedere alla Regione siciliana il contributo per la realizzazione dell’opera che era già stata finanziata dalla Cei con quasi un milione e mezzo di euro dell’8 per mille. A Monsignor Mogavero, i pm contestano di aver firmato falsi contratti, falsi stati di avanzamento dei lavori e di consegna dell’opera.Per altro, per la realizzazione di quella e altre due chiese, la diocesi ha contratto un mutuo da quattro milioni di euro con Banca Prossima del gruppo Intesa San Paolo e Unicredit. I conti però non tornano. Dagli accertamenti di bilancio fatti dagli investigatori che ormai da tre anni cercano di fare chiarezza sul grosso buco in bilancio della diocesi che monsignor Mogavero ha sempre ammesso pur sostenendo di essere all’oscuro dei movimenti che lo avrebbero provocato, sarebbe emerso il nuovo reato di truffa perché sarebbero stati impiegati per la stessa opera contributi sia regionali che europei. Né si è mai trovata traccia del milione di euro scomparso dal fondo del mutuo.
L’avviso di conclusione delle indagini riunisce tutti gli episodi contestati alla gestione economica del vescovo di Mazara, a cominciare da 570.000 euro di fondi dell’8 per mille che sarebbero stati destinati ad altro e non ad iniziative benefiche come prevede la legge. Gli investigatori della Finanza hanno cercato di districarsi tra i tanti conti correnti, tra cui una sorta di conto segreto (di cui monsignor Mogavero ha sempre detto di essere all’oscuro) tutti riconducibili alla Curia che hanno movimentato centinaia di migliaia di euro dei fondi della Diocesi da e per conti privati. Tutte operazioni che sarebbero state effettuate sotto l’egida dell’ex economo don Franco Caruso accusato di malversazione che, sentito dagli inquirenti, sostiene invece che Mogavero fosse a conoscenza di tutto.