In un incontro con i sindacati, la società “Rete Ferroviaria Italiana” ha comunicato che è stato archiviato il progetto di “rottura di carico” che prevedeva la dismissione del trasporto pubblico ferroviario nell’area dello Stretto con il taglio definitivo dei treni a lunga percorrenza (già ridotto al minimo) che collegano la Sicilia con il resto d’Italia e la cancellazione di fatto del diritto alla “continuità territoriale” eliminando l’attraversamento dello Stretto con traghettamento dei treni sostituito dai “mezzi veloci”(aliscafi) per la gioia dei fautori del monopolio privato nei trasporti nell’Isola e dell’utopico progetto del Ponte sullo Stretto.
Il progetto avanzato da Ferrovie e dal governo Renzi suscitò grandi preoccupazioni tra i lavoratori marittimi e ferrovieri per la perdita di posti di lavoro e per il grave attacco al diritto alla continuità territoriale della popolazione siciliana, in particolare per i settori popolari che avrebbero subito un ulteriore aggravio di spese e sacrifici. Proprio dai lavoratori marittimi dello Stretto partì una forte mobilitazione popolare che coinvolse la città di Messina e non solo, a partire da febbraio del 2015 con la costituzione del Movimento denominato “Ilferribottenonsitocca” che ha esercitato una forte pressione – allargando il fronte delle rivendicazioni – sulle autorità locali e nazionali e sull’azienda al fine di ottenere la cancellazione di questo piano. Nonostante la subalternità e mistificazioni della deputazione locale, del governo regionale e dell’amministrazione comunale, il boicottaggio della mobilitazione popolare e agitazione dei lavoratori da parte dei sindacati CGIL, CISL e UIL, questo obiettivo è stato raggiunto dopo un primo rinvio del piano ottenuto con scioperi, blocchi, manifestazioni come quella del 14 febbraio 2015 partecipata da migliaia di persone e lavoratori (a cui si aggiunsero solo alla fine e opportunisticamente alcuni amministratori locali). Uno sviluppo della lotta sostenuto anche dall’organizzazione locale del Partito Comunista con un contributo basato sull’allargamento e unificazione del fronte di classe di lotta, il protagonismo e la soggettività dei lavoratori con l’estensione delle rivendicazioni contro le politiche capitalistiche all’origine del piano.
Non era per nulla scontata questa rinuncia da parte di RFI, tanto che alla fine dello scorso anno l’ipotesi della “rottura di carico” tornò in auge in modo mascherato con una proposta di Vincenzo Garofalo (deputato messinese di NCD e vicepresidente Commissione Trasporti della Camera) che rimetteva nuovamente in discussione la continuità territoriale effettuata a bordo treno a difesa della quale era pronta una nuova mobilitazione.
«Una vittoria di popolo ma la lotta continua» così il Movimento ha accolto la notizia. «La rottura di carico, a suo tempo propagandata come modernizzazione del sistema, era in realtà un rilevante taglio alle sovvenzioni statali per la continuità territoriale garantita con il servizio universale ferroviario a lunga percorrenza» si ricorda nel comunicato stampa, precisando come «frange della politica e del mondo sindacale si schiararono col bluff, che il Governo, anche quello regionale, stava operando a danno del territorio per orientare le sovvenzioni pubbliche verso altre destinazioni». «E’ solo un primo obiettivo raggiunto grazie alla mobilitazione dei cittadini siciliani e calabresi contro l’isolamento delle dure regioni, ancora oggi oggetto di evidenti discriminazioni in tema di trasporto e continuità territoriale» prosegue il comunicato del Movimento che però precisa come «molti punti restano da chiarire, accontentarsi di mantenere il vetusto sistema esistente vanificherebbe il buon lavoro fin qui svolto», rilanciando infine la richiesta di ammodernamento con «treni veloci su navi moderne e ripristino delle sovvenzioni per il traghettamento veloce dei pendolari».