Le università siciliane si confermano agli ultimi posti per qualità di ricerca, didattica, dottorati, occupazione e tante altre voci : secondo il Sole 24 Ore, che ogni anno pubblica la classifica degli atenei italiani in base ad alcuni precisi indicatori di qualità, le Università degli studi di Palermo, di Messina e di Catania e la Kore di Enna stazionano sui gradini più bassi. Si sposta leggermente verso la vetta rispetto al 2015 – e si ferma al trentacinquesimo posto – Messina, che sale di quattro posizioni.
Due punti in più anche per Catania, al numero cinquantaquattro, e nessuna operazione per l’ateneo del capoluogo, incastrato al cinquantacinquesimo posto, su sessantuno, dall’anno scorso. Non va meglio per la Kore, che nella classifica dedicata alle università non statali merita il quattordicesimo posto su quindici. Seguita soltanto da una “non classificata”, l’Università Europea di Roma.
I dati parlano chiaro e non va meglio entrando nello specifico: non sfiorano la top ten in nessuna delle classifiche settoriali e anzi, per quanto riguarda l’attrattività (percentuale di immatricolazioni dei fuori sede) le università di Palermo e di Catania sono al penultimo e all’ultimo posto, Messina al penultimo posto sia per “efficacia” (media dei crediti formativi per studente) che per la qualità della produzione scientifica, classifica questa che vede Palermo e Catania al terz’ultimo e al quart’ultimo posto.
In compenso, pur senza svettare, Catania è la tredicesima università d’Italia distinguendosi per la sostenibilità e Palermo quindicesima per i progetti di mobilità internazionale create per gli studenti. Meglio ma non troppo, rispetto al resto, la qualità dei dottorati: tutti e tre i poli universitari si sono meritati un ventiquattresimo posto. La Kore? Al primo posto nella classifica degli atenei privati per “voto degli studenti” e al quinto per la qualità degli stage, sul fondo in tutti gli altri ambiti. (@G.Pensavalli)