Con il 69,55% dei no, pari a 207.484 voti, anche Messina e provincia si è espressa contro la riforma costituzionale. Un risultato tra i più alti nelle province italiane, ma che rispecchia il dato dell’intera isola, che si attesta a 59,95 %.
Un risultato che è già costato la “poltrona” a Matteo Renzi, che in diretta televisiva da Palazzo Chigi, si è assunto la responsabilità di “non aver convinto” gli italiani, rimettendo il mandato al Presidente della Repubblica, e dando di fatti inizio ad una crisi di governo difficile da risolvere (viste le alleanze e le spaccature post referendum) e che nelle prossime ore sarà la priorità nelle agende politiche e giornalistiche.
Del resto era chiaro a tutti che è stata una votazione tra Renzi Sì e Renzi No: e questa personalizzazione non è piaciuta ai più, portando nella stessa urna i voti di leghisti e comunisti, grillini e berlusconiani, persino mezzo PD con D’Alema e Bersani, i nostalgici fascisti e l’Anpi.
Al popolo italiano l’idea di un uomo solo al comando non piace più, non è più nel DNA nazionale. E questa è una notizia che rende sana l’anima democratica della nazione.
E’ anche vero che Renzi, pur avendo tutti contro ha strappato il 41% da solo, consolidando l’esito incredibile delle ultime Europee, e dimostrando che nel paese esiste una “forza renziana”, un consenso stabile, che comunque lo rende un gigante della politica, e che adesso, da “uomo libero” potrà gestire e consolidare, in vista dei prossimi progetti politici che certamente non ha messo nel cassetto.
Inevitabilmente il NO a Messina è anche un no a quel Ponte che Renzi ha tirato fuori dal cilindro negli ultimi mesi, non sottraendosi ai suoi predecessori (tutti) e dando per buoni i consigli di chi, Alfano in testa, è convinto che ci siano ancora margini di dibattito politico sulla questione ponte. Ma il no a questa grande opera è nel DNA della maggioranza dei messinesi, come lo è la sovranità popolare. (@Palmira Mancuso)
