Dal punto di vista infrastrutturale “l’Italia è un Paese spaccato a metà”: il Nord, dove i treni corrono anche ad alta velocità, e il Sud, dove “per andare in treno da Napoli a Palermo ci vogliono dieci ore e mezza”. Può essere considerata una situazione “normale”? “No” dice il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, che a Cernobbio, davanti alla platea di Conftrasporto, porta questo messaggio: è tempo che il Paese prenda atto di questa realtà e si attrezzi per porre rimedio, perché ne va della sua stessa competitività nel mondo. L’Italia ha tutte le carte in regola per farcela, è solo necessario individuare quali sono le priorità e partire. Per crescere bisogna ragionare in termini di connessioni in Europa, Ponte sullo Stretto compreso.
Delrio ha riconosciuto che è vero quanto rilevato da una ricerca di Confcommercio sullo stato della Logistica e dei trasporti in Italia: “Siamo un Paese spaccato a metà – ha detto al Forum di Cernobbio subito dopo aver ascoltato l’intervento del presidente onorario di Conftrasporto, Fabrizio Palenzona, favorevole al Ponte sullo Stretto -. Per questo insistiamo sul fatto che le connessioni sono un elemento strategico. I Corridoi vanno realizzati per permettere al Sud di vedersi parte del Paese. La connessione Nord-Sud è un elemento decisivo. Perché l’Italia può essere competitiva solo se si presenta come sistema Paese. O si cresce insieme o si muore insieme”. Il ministro non ha nominato in modo esplicito il Ponte (come invece ha fatto il presidente di Conftrasporto, Paolo Uggè, favorevole).
Delrio ha parlato di “opportunità dei Corridoi europei”. Quello che riguarderebbe il Ponte è il cosiddetto Corridoio 1, che corre sull’asse Berlino-Palermo. Un asse europeo. “Il Ponte in sé a me non interessa – ha detto Delrio -. Perché non è il cemento che porta lavoro, è il talento. A me interessa creare le connessioni, operare in un ambiente legale, creare lavoro. Le reti non sono il fine, ma il mezzo per crescere”. Per questo è importante che l’Italia attrezzi le sue infrastrutture, dalle autostrade alle ferrovie, dai valichi ai porti, per mettersi al passo con la velocità del mondo. “Non abbiamo fatto la riforma dei porti per il gusto di essere nuovi, a noi il nuovismo non interessa. Ci interessa avere porti che funzionano”.
In Italia servono interventi, sia in termini di investimenti che in termini normativi. “Qualcuno parla di 20 miliardi, qualcuno di 40. Non mi interessa, so solo che sono tanti soldi. Ma so anche che la logistica fa la differenza”. “Un esempio – ha concluso -: la Cina è pronta a portare le sue merci via mare nei porti italiani, ma ci chiede: per favore, non venite con sette delegazioni da Ancona, con altrettante da Trieste. Venite magari una sola volta a presentarvi, e fatelo come Italia. Possiamo noi non prendere in considerazione una richiesta così?”.