L’immigrazione è uno dei temi più discussi degli ultimi tempi, un argomento che divide il popolo, in chi è pro accoglienza e chi è contro. Molte sono le “voci di corridoio” che pullulano sui social e anche al bar, ma quante sono le informazioni corrette che circolano?
Con questo articolo cercheremo di comprendere meglio cos’è la prima accoglienza, tramite delle domande fatte proprio a chi lavora in questo contesto.
Per motivi legati alla privacy ci limiteremo ad usare le iniziali del nome.
In cosa consiste la prima accoglienza? C.L. “La prima accoglienza consiste, innanzitutto, nell’offrire un posto sicuro ai rifugiati, garantendo cibo, cure sanitarie e materiale necessario alla sopravvivenza.”
Quanto tempo rimangono in struttura? C.L. “La prima accoglienza prevede una durata massima di 3 mesi, che spesso si prolunga a causa di una scarsa organizzazione generale da parte dello Stato. Dopo questi 3 mesi, le persone accolte dovrebbero passare alla fase della seconda accoglienza.”
Ci sono attività che gli vengono proposte durante la permanenza? C.L. “I ragazzi accolti nelle varie strutture vengono incentivati alla socializzazione tra loro tramite varie attività. Si propongono attività di laboratorio musicali e artistici, scuola, lezioni di educazione e di lingua base. Anche attività sportive, come il calcio.”
È vera la questione dei 35 € giornalieri come poket money? C.L. “No, ai ragazzi viene dato un poket money giornaliero di circa 2 €”
Secondo Unhcr, (alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) da Gennaio 2015 ad oggi, sono circa un milione e 300 mila le persone che hanno raggiunto l’Europa via mare. Provenienti dalla Siria, dall’Iraq, Afghanistan, Nigeria, Somalia e altri Paesi.
18 Mila arrivi via mare a Maggio, in calo rispetto all’anno scorso. Circa 7269 persone sono morte in questo pericolosissimo viaggio. L’età dei ragazzi accolti è varia, dai 10 ai 17 per le strutture di prima accoglienza minorile. Molti sono anche più piccoli.
I motivi per il quale molti fuggono dalla loro terra sono molteplici. Uno dei motivi più comuni è la fuga dalla guerra, dagli attacchi terroristici. Seguono i motivi umanitari, per cui molti ragazzi non avendo più nulla, né famiglia né casa, decidono di scappare.
“Ho 16 anni e quello che ho vissuto in Libia non lo auguro a nessuno – così inizia il suo racconto Mohamed (nome di fantasia) che abbiamo incontrato lavorando a questa inchiesta- ho visto gente morire seppellita proprio accanto a me, donne stuprate e persone picchiate per il gusto di farlo. Dormivamo in capannoni stracolmi, letti pieni di insetti, senza servizi igienici. Aspettavamo la partenza come l’unica salvezza, anche se non eravamo certi ci portasse in salvo. Ma vivendo in Paesi del terrore, rischiando la vita ogni giorno, anche una minima possibilità di salvarsi dev’essere affrontata e io l’ho fatto. E adesso sono salvo.”
A scappare non sono solo uomini e bambini, ma anche donne, a causa dei soprusi e delle violenze subite, comprese le mutilazioni dei genitali. La maggior parte di questi ragazzi non ha intenzione di rimanere in Italia, molti sperano di potersi spostare in altri Paesi, sia per questioni linguistiche, sia perché hanno il desiderio di trovare sistemazioni diverse e stabili, proprio come ogni altro ragazzo della loro età.
Inutile dire che negli occhi di alcuni di loro si legge quanto di più doloroso possa leggersi in un volto, il terrore di ciò che hanno vissuto nella propria terra, su quel barcone, visto come unica salvezza e possibile morte, la paura e l’incertezza di ciò che li aspetta. (@Emanuela Previti)