Pino Maniaci, la Cassazione conferma l’allontanamento. Per Telejato, “ostracismo”

La seconda sezione della Cassazione ha respinto il ricorso presentato dagli avvocati Antonio Ingroia e Bartolomeo Parrino per Pino Maniaci, il direttore di Telejato accusato di estorsione nei confronti di alcuni politici locali.

Maniaci è stato così nuovamente allontanato dalle province di Palermo e Trapani.

Il giornalista, ripreso dai carabinieri mentre chiedeva denaro ai sindaci dei comuni di Partinico e Borgetto, ha sempre respinto le accuse. Il primo divieto di dimora era stato però annullato dal Tribunale del Riesame solo per motivi formali.

A Maniaci sono contestate tre estorsioni. Per una, quella a carico dell’ex assessore Gioacchino Polizzi di Borgetto, il gip non dispose il divieto di dimora a Trapani e Palermo richiesto dalla Procura. La misura fu emessa, invece, per gli altri due taglieggiamenti: però, per un errore di notifica dell’udienza di discussione davanti al Riesame, le misure vennero dichiarate nulle e il giornalista tornò a Partinico, paese della provincia di Palermo e sede della sua tv.

Secondo i pm Roberto tartaglia, Annamaria Picozzi, Amelia Luise e Francesco Del Bene, Maniaci avrebbe preteso denaro e favori in cambio di una linea soft della sua televisione sulle attività dell’amministrazione.

Era rimasto sub iudice, intanto, il divieto di dimora per la terza estorsione. Contro la bocciatura del gip la Procura ha fatto e vinto ricorso al Riesame che ha concesso il provvedimento. La misura non è stata però eseguita perché i legali di Maniaci hanno fatto ricorso in Cassazione. Con l’inammissibilità decisa dai giudici romani il divieto è ora esecutivo.

“Aspettiamo di conoscere le motivazioni, ma intanto la giustizia, se così la si può chiamare, va avanti con questa assurda trovata, il cui obiettivo, nemmeno tanto nascosto, è quello di arrivare al più presto alla chiusura dell’emittente – si legge sul sito di Telejato –  Il pensiero va ai venti capi d’imputazione contestati alla Saguto e al fatto che nessuno ha per lei chiesto l’allontanamento dalla sede dove è presente il suo “cerchio magico”, una volta, ma forse ancora oggi, in grado di decidere sulla sua sorte e su quella di altre persone a lei legate. Quello che non quadra in tutta questa vicenda è l’applicazione di una misura cautelare che, stando ai quattro mesi trascorsi in sede ultimamente, da quando Maniaci è rientrato, durante i quali il presunto inquinamento delle prove o la presunta reiterazione del reato non si è verificata, come questa possa tornare a verificarsi per il futuro. Difficile entrare nella testa dei magistrati che, dopo avere confezionato la polpetta avvelenata del video, hanno deciso che il reato contestato e non ancora giudizialmente decretato, poiché il processo si preannuncia con tempi lunghi, rispetto al breve tempo con cui è stato deciso il parere della Cassazione, era così grave, da decretare l’allontanamento. In fondo, a guardare il tutto si tratterebbe di una presunta estorsione da “untorello”, da cinquanta a trecento euro, a parte quella delle duemila magliette mai confezionate: miserie in rapporto alle estorsioni che i nove compagni di disgrazia di Maniaci, ovvero i boss di Borgetto, stavano realizzando sul territorio sotto il loro controllo.

Rimane la domanda inquietante: perché per le persone che, grazie al potere della violenza di cui dispongono, non c’è allontanamento e per le elemosine chieste da Maniaci e da lui poi ampiamente giustificate, si continua su questa linea di “ostracismo”? Sullo sfondo pare delinearsi con chiarezza la vendetta della Saguto che, si badi bene, sembra caduta in disgrazia, ma ancora è tutto da decidere, e di tutti quelli che nel tribunale di Palermo partono dall’assunto che loro e solo loro sono i depositari della facoltà di indagare, di quella di emettere un giudizio di colpevolezza, che non è quello che emerge dalle inchieste giornalistiche, oltre che dell’applicazione del significato autentico dell’antimafia. La verità dei giornalisti non esiste. Essi devono aspettare quello che la Procura dà loro in mano e quindi amplificare quello che essi decidono, ma non possono permettersi né di valutare né di giudicare”.

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