di Palmira Mancuso – Mediaticamente non ha rivali. Renato Accorinti, grazie all’immagine che lo ha reso popolare ben oltre lo Stretto, ha assunto un potere di cui probabilmente non conosce fino in fondo le prerogative, una visibilità che molti gli invidiano, una responsabilità di cui deve imparare meglio a farsi carico.
La premessa è d’obbligo per evidenziare come in queste ultime ore il tema della legalizzazione della cannabis, benchè già nell’agenda politica del Paese, e ricordando l’ imponente campagna di firme intrapresa in questi mesi dal comitato Legalizziamo! (promosso da Radicali Italiani e Associazione Luca Coscioni e costituito da molteplici associazioni e movimenti), è finalmente diventato “discussione da bar” dopo la discussione seguita all’intervento di Accorinti su Radio 24.
Nelle ultime ore il disegno di legge che avrebbe permesso la legalizzazione della cannabis è stato rispedito dall’Aula in commissione. Ad avere la meglio, infatti, è stato il peso dei 1300 emendamenti presentati quasi esclusivamente dai centristi (con chiara tattica ostruzionistica) a cui non sono bastate le parole di Raffaele Cantone o della Direzione nazionale antimafia guidata da Franco Roberti, del febbraio 2015, secondo cui “senza alcun pregiudizio ideologico, proibizionista o antiproibizionista che sia, si deve registrare il totale fallimento dell’azione repressiva”.
Il disegno di legge è stato redatto dall’intergruppo guidato dal sottosegretario Benedetto Della Vedova e animato da oltre 200 deputati, prevalentemente di sinistra, del Movimento 5 stelle, di Sinistra Italiana e del Pd, ma anche di Forza Italia, che conta due firmatari. Nonostante questo, hanno avuto la meglio tabu, paure, e molta ignoranza sul tema.
Adesso diventa quindi ancora più importante la proposta di legge popolare, per la quale servono 50 mila firme e che prevede, tra l’altro, la libertà di auto-coltivazione individuale o associata in “cannabis social club”, pratiche semplificate per la produzione commerciale, il più ampio accesso possibile alla cannabis terapeutica, l’allocazione delle entrate ad attività informative e sociali, una relazione annuale al Parlamento e la depenalizzazione totale dell’uso personale di tutte le sostanze proibite nonché la liberazione dei detenuti per condotte non più penalmente sanzionabili.
Accorinti può a questo punto fare molto, e far seguire un’azione politica sostenendo con atti concreti la campagna. Messina non sarà Torino, dove l’intero ufficio di presidenza del Consiglio Comunale, con venticinque consiglieri di maggioranza dei gruppi M5S, Pd, Torino in Comune-La Sinistra e Lista Civica hanno sottoscritto la proposta di legge di iniziativa popolare, ma certo potrebbe attivare i funzionari comunali per la raccolta delle firme.
Altrimenti il rischio sarà quello di provare a fine mandato la sensazione avvertita assistendo alla proiezione del docufilm Messina…, dove a raccontare l’amministrazione c’erano Luigi Sturniolo, Clelia Marano, Tonino Perna, il collettivo Pinelli: pezzi rappresentativi di istanze che hanno costruito l’entusiasmo iniziale di cui l’amministrazione Accorinti ha talvolta deluso le aspettative, non facendo seguire agli ideali simbolicamente rappresentati, dei concreti atti politico-amministrativi.
Insomma Accorinti adesso può. Ha tutti gli strumenti per realizzare la politica di cui è espressione, per andare oltre la mediaticità e farsi piuttosto mediatore, come era stato chiamato a fare ricevendo un mandato di cui Messina aveva ed ha necessità.