Morte Lavinia Marano, aperte due inchieste. Il fratello “intestarditi col cesareo”

Cosa è accaduto a Lavina Marano? Si può morire di parto nel 2016 in un policlinico universitario? L’opinione pubblica è stata profondamente toccata da questa tragedia che ha trasformato un giorno di felicità nell’anticamera dell’abisso. E i familiari adesso chiedono giustizia, per il piccolo Francesco che la madre ha avuto giusto il tempo di abbracciare, prima di doverlo lasciare per sempre.

lavinia_marano1La famiglia di Lavinia punta il dito sul parto cesareo: lei era entrata in Ginecologia, al Policlinico, per partorire naturalmente, ma i medici l’hanno sottoposta all’intervento nonostante, secondo quanto sostenuto dalla famiglia “il decorso delle contrazioni era regolare e non c’erano ragioni”.

Una ipotesi su cui indaga la magistratura, e su cui anche il Policlinico ha avviato un’inchiesta interna.

Intanto il PM di turno, la dottoressa Rossana Casabona, ha disposto l’autopsia, per stabilire anzitutto l’esatta causa della morte e  i carabinieri della stazione di Gazzi hanno acquisito la cartella clinica e proceduto all’identificazione dei sanitari che si sono occupati della donna, almeno 12.

Da lunedì  sarà al lavoro anche la commissione d’inchiesta nominata dalla direzione generale del Policlinico, per far luce su quanto accaduto alla donna deceduta nel reparto di terapia Intensiva Cardiovascolare al padiglione H.

Il direttore sanitario dell’azienda Giovanna Volo spiega che i componenti la commissione sono stati scelti al di fuori dei professionisti della disciplina coinvolta. Sono tutte persone che si occupano delle adeguate applicazioni delle procedure.

Si tratta di Patrizia Gualniera, responsabile della Medicina Legale; Letterio Mercurio anestesista e rianimatore; Antonio Levita, responsabile dell’Unità di qualità e accreditamento, Giuseppe Cannavò, risk manager e Giovanni Diventi responsabile dell’uos delle professioni sanitarie, in pratica il responsabile degli infermieri. Il provvedimento è firmato dal direttore amministrativo Giuseppe Laganga per la direzione dell’azienda.

Sentiranno tutti i professionisti che sono stati a contatto con la donna, dalla ginecologa che l’ha seguita, ai medici di turno che al Policlinico, dopo il ricovero, hanno iniziato le procedure per stimolare le contrazioni uterine. Due, secondo quanto specifica il primario dell’Uoc di ginecologia prof. Onofrio Triolo, l’unico autorizzato a parlare con la stampa, una prima, mercoledì, la seconda giovedì, stimolazioni che non avrebbero sortito l’effetto sperato. Sempre il primario spiega che la signora avrebbe rifiutato di proseguire la procedura della stimolazione come si legge su un’annotazione nella cartella clinica e che avrebbe chiesto poi ai medici di procedere col cesareo. Questa quanto dichiarato dal primario che anticipa che si adopererà, se gli sarà consentito, per essere presente all’autopsia.

Lavinia, dopo il parto, è tornata in sala operatoria alle 21 della stessa sera del parto, lacerata da una emorragia all’utero. Il primo intervento tampone non è bastato e chirurghi hanno optato per l’asportazione dell’utero. La donna è uscita soltanto all’alba dalla sala operatoria, ma le sue condizioni cardiache erano già compromesse. E’ morta poco dopo le 8 del mattino, nel reparto di terapia intensiva.

Ieri pomeriggio i familiari, assistiti dall’avvocato Giovanni Caroè, hanno sporto denuncia ai carabinieri.

Alla fine del parto, sostiene la famiglia, Lavinia ha subito accusato chiari segni di sofferenza. “L’hanno martoriata” ha dichiarato il fratello, che ha sottolineato il presunto eccessivo ricorso ai parti cesarei da parte dei medici.

Il reparto di Ostetricia del Policlinico è stato già protagonista del noto caso della “lite in sala parto”, di cui in questi giorni si continua a parlare nelle aule giudiziarie.

 

 

 

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